Che cosa ci insegna Geolier?
Quanto accaduto al Festival di Sanremo, dove il cantante più votato dal pubblico per tutte le serate (60% contro il 16,1%) ha ricevuto solo l’1,5 % dalla sala stampa (contro il 73,5% di Angelina Mango), offre un buono spunto di riflessione sulla musica, sulla società, sulla politica, sui nostri tempi.
1) SULLA MUSICA: gli artisti, e i musicisti in particolare, colgono il suono dei propri tempi. È sempre accaduto. La loro particolare sensibilità gli consente di sentire qualcosa a cui le persone comuni di solito arrivano dopo tempo. Quando Mozart ha innovato il rapporto tra voce e strumento, i conservatori plaudivano a Salieri. Quando è arrivato il Jazz a fine Ottocento, i cultori del bel canto hanno gridato allo scandalo. Lo stesso con il rock, il blues o il RAP. Ogni volta c’è qualcuno che rimpiange i suoni del passato, non comprendendo che la musica non può che essere sempre in continua evoluzione, come l’universo. Da alcuni giorni i social sono inondati da commenti negativi su Emanuele Palumbo, in arte Geolier (prevalentemente, ahimè, da miei coetanei che rimpiangono i vecchi cantautori o la musica della loro gioventù). Molti di questi commenti si concentrano sul difetto di “napoletanità” del cantante, che renderebbe la canzone inadatta a vincere il Festival della canzone italiana essendo, al più, meritevole di un premio al Cantanapoli. Ma quando arrivò sulla scena Pino Daniele, insieme ai suoi amici (Jamese Senese, Tullio De Piscopo, Avitabile, Tony Esposito, etc.) gli amanti della tradizione musicale napoletana criticavano il nuovo napolitan sound rimpiangendo Bruni, Murolo e altri. Lo stesso atteggiamento di chi ora sminuisce Geolier, dichiarandolo “inascoltabile” e “incomprensibile”. I ragazzi, però, lo adorano ed è primo negli ascolti con oltre sei milioni di ascoltatori mensili su Spotify. Il problema è che siamo una società di anziani chiusi al cambiamento. Io, che da ragazzo ho amato Fetus e Pollution di Battiato, quando tutti lo consideravano inascoltabile (per non parlare de L’Egitto prima delle sabbie), che adoravo i suoi riferimenti alla serialità di Stockhausen, sono sempre stato aperto al nuovo nella musica. E, così come ho adorato Achille Lauro qualche anno fa, oggi dico che Geolier aveva, per me, il brano più bello di Sanremo. In ogni caso, a prescindere dai gusti, che sono soggettivi, trovo triste questa chiusura nei confronti di un giovane che incarna i gusti dei giovani (addirittura andandosene quando ha vinto la serata cover).
2) SULLA SOCIETÀ: altra critica diffusa dai social è quella di attribuire il successo nel voto popolare di Geolier al fatto che “Napoli si è mossa“. Continuare a dividere il nostro Paese secondo logiche regionalistiche, secondo una supposta supremazia morale del Nord contro gli imbroglioncelli napoletani (magari con qualche investimento della Camorra per comprare voti, come qualcuno si è spinto ad affermare) non solo non si basa su nulla, ma soprattutto non tiene in alcun conto il fatto che Geolier è amato dai ragazzi di tutta Italia, anche di chi parla dialetti della bergamasca e non comprende una parola dei suoi testi, come non capivano Troisi o Pino. Le città in cui la sua musica è più ascoltata sono Milano e Roma, seguite al terzo posto da Napoli. Ma questo fa scandalo, in un Paese sempre più omologato ad altri valori. Una canzone trap in lingua (sì lingua, non dialetto) napoletana, che tratta di argomenti del “ghetto” da cui viene, deve per forza essere vicino ad ambienti malavitosi, al malaffare, con buona pace di tutte le ipocrisie sulle politiche inclusive. Da quelle “periferie esistenziali” di cui spesso parla Papa Francesco, non si deve uscire. Avere addirittura successo, poi…
3) SULLA POLITICA: il fatto che il voto popolare non conti nulla e qualche decina di giornalisti della sala stampa valgano quanto milioni di telespettatori, ci può aiutare a comprendere il perché i giovani non vadano più a votare. Prima hai fatto di tutto per coinvolgerli, hai inserito in scaletta i loro cantanti preferiti, li hai messi in condizione di esprimere il loro voto, spremendo le loro paghette per far fronte ai costi telefonici. Poi, dopo che ti hanno assecondato, gli fai capire che la loro opinione non conta nulla, che pochi espertissimi (forse) critici musicali valgono molto, molto più di loro. Anche in politica è così, e i ragazzi lo sanno. Il voto popolare non conta nulla e per decenni abbiamo avuto governi nominati da poteri nazionali o, addirittura, internazionali, con obiettivi di risposta ai mercati finanziari, senza alcun consenso elettorale. Se si vuole restituire fiducia alle persone, soprattutto ai più giovani, bisogna ridare peso al voto delle persone, restituire agli eletti la possibilità di essere scelti democraticamente dagli elettori.
4) SUI NOSTRI TEMPI: la musica, come tutte le forme d’arte, è lo specchio dei tempi. Mai come adesso vi è una divaricazione, una totale incomunicabilità, tra generazioni. I boomers, seduti ancora saldamente ai posti di comando, con lauti stipendi o pensioni sopravvalutate rispetto ai versamenti previdenziali, non intendono dare nessuno spazio ai millenials. I giovani sono sempre più ai margini, sfiduciati, senza sogni (altro che Sogna Ragazzo Sogna di Vecchioni).
Allora, ai miei coetanei, dico: aprite, anzi, spalancate le orecchie (per dirla con Papa Giovanni Paolo II). Aprite la vostra mente e mettetevi in ascolto dei giovani, lasciate le vostre comode poltrone e scendete per strada, incontrateli i ragazzi, confrontatevi con loro. Scoprirete che dal dialogo, dallo scambio, nascono frutti meravigliosi. E come loro scopriranno, ed ameranno, la vostra musica, voi, se avrete orecchie e cuore, amerete la loro. Compreso Emanuele Palumbo, in arte Geolier, da Secondigliano periferia di Napoli.
Fabrizio Escheri