“Le Parrocchie di Regalpetra” di Leonardo Sciascia
“ Non amo la scuola , e mi disgustano coloro che, standone fuori, esaltano le gioie e i meriti di un simile lavoro . .. Non nego però che in altri luoghi e in diverse condizioni un po’ di soddisfazione potrei cavarla da questo mestiere di insegnare” . Con tali incisive parole che evidenziano amarezza e disillusione , L. Sciascia nel capitolo “Cronache scolastiche” che fa parte del suo esordio narrativo “Le parrocchie di Regalpetra” del 1956 narra, attraverso la sua esperienza di maestro di scuola elementare di un paese della Sicilia, Regalpetra appunto, come , sul finire dell’Anno Scolastico , guardando i suoi scolari risolvere degli esercizi di matematica, la maggior parte con molta svogliatezza e noncuranza , sia attanagliato da un grande desiderio di evasione. Il narratore scopre , infatti , che fare il maestro non gli da’ alcuna gioia e sente , dopo anni di insegnamento, di avere pochi meriti educativi da rivendicare. C’è in lui la consapevolezza della sostanziale inadeguatezza della propria funzione e, come egli stesso afferma , l’opera educativa cui si riteneva preparato , gli si presenta alquanto scoraggiante e difficoltosa e si sente , “alla stregua di un prigioniero , legato al remo della scuola : battere , battere come in un sogno in cui è l’incubo di una disperata immobilità , della impossibile fuga” .D’altra parte , illuminante in tal senso è la riflessione che apre “ Le Parrocchie” “ Qui in un remoto paese della Sicilia, entro nell’aula scolastica con lo stesso animo dello zolfataio che scende nelle oscure gallerie “. E il tempo verbale del presente con cui conduce il racconto , restituisce con chiarezza il senso di un tempo fermo ,immobile , in cui il presente riproduce il passato ed anche il futuro consiste nell’inesorabile ripetersi del presente “io me ne sto tra questi ragazzi poveri, in questa classe degli asini che sono sempre i poveri , da sempre al banco degli asini stralunati di fatica e di fame “. L’autore ha contezza , però ,che la sua esperienza di maestro elementare sia un privilegiato osservatorio da cui guardare , attraverso i ragazzi che ha di fronte, la società del tempo . A scuola , infatti , si ripropongono i ruoli che si vivono nella vita di tutti i giorni e gli alunni , provenienti da un ambiente da sempre abituato alla paura dell’autorità , assumono anche a scuola un atteggiamento sfiduciato e sottomesso . Questa volta però , si trovano di fronte ad un’autorità , il maestro , che non ricorre a punizioni mortificanti per sottolineare la loro ignoranza , consapevole che quest’ultima sia determinata dalla condizione di vita degli alunni come lo sono la loro paura e il loro servilismo e come lo sono gli abiti che essi indossano . Sciascia fa un’analisi dettagliata e profonda, attraverso i comportamenti che gli alunni assumono a scuola, della loro condizione umana e sociale . Ci sono alunni che evidenziano difficoltà ad apprendere il contenuto delle lezioni e non riescono ad interessarsi alle attività didattiche che si svolgono in classe ma , si chiede l’autore , che interesse può destare la storia o qualsiasi altra disciplina quando non si è sufficientemente nutriti o si soffre il freddo? Ed ecco allora da una parte alcuni alunni che “ si annoiano , spezzano le lamette da barba , le piantano nel banco , le pizzicano come chitarre” altri, arruffati e sporchi “ si azzuffano per la refezione” perché alcuni vengono a scuola solo per la refezione per prendere la quale sono stabiliti dei turni , altri ancora , guardando fissamente il quaderno , finiscono con la testa sul banco per un’ondata di sonno e dall’altra parte lui , il maestro, che sente una condizione di disagio esistenziale e morale “ a stare di fronte a loro col [suo] decente vestito” e che invano cerca di coinvolgerli anche con la poesia “Leggo loro una poesia, cerco in me le parole più chiare , ma basti che li guardi [….] nitidamente lontani come in fondo a un binocolo rovesciato [….] lontani con i loro arruffati pensieri […] e mi si rompe dentro l’eco luminosa della poesia.” La scuola di fatto è per loro una prigione che subiscono come la fatica del lavoro a cui da piccoli sono costretti . Ci sono poi, alunni – osserva Sciascia – che presto emigreranno , che andranno a vivere in paesi lontani e diversi per usi , costumi , tradizioni , dalla loro terra . Come può piacere ed essere a loro utile la scuola quando insieme ad essa non sono garantiti elementari bisogni primari come il cibo, i vestiti o il diritto di vivere nella propria terra ? L’autore si pone questi interrogativi nella consapevolezza che la scuola rifletta problemi che maestri, alunni , genitori vivono fuori da essa ma conscio anche, che la professione di insegnante obbliga a guardare il mondo con attenzione e a vederne gli aspetti ingiusti e dolorosi . Con lucida analisi della realtà in cui opera, Sciascia comprende anche i limiti del proprio intervento e del proprio ruolo di maestro che non può , da solo , e nell’ambito dei compiti che gli sono assegnati , modificare la realtà sociale economica e culturale del tempo . Da questo punto di vista il capitolo delle Cronache Scolastiche che costituiscono il fulcro narrativo de “ Le Parrocchie di Regalpetra è un documento sociologico di grande importanza da cui si dipanano una serie di problematiche ataviche che costituiscono uno spaccato della Sicilia declinato in ambito sociale , politico , culturale , religioso .Il nome del paese , Regalpetra è inventato e deriva da Regalmuto , nome utilizzato nelle antiche carte per indicare Racalmuto , paese natale di Sciascia , e da “ I Fatti di Petra” di Nino Savarese a cui l’autore vuole rendere omaggio . A ben guardare ,però, si tratta di una Racalmuto solo appena un po’ celata dietro l’omaggio a Nino Savarese e alla sua Petra . Accogliendo una richiesta dell’editore Laterza, che suggerì all’autore di scrivere un testo che trattasse per quadri della vita di un paese siciliano , al nucleo primitivo delle “Cronache scolastiche” già pubblicate da Alberto Moravia sulla rivista “ Nuovi argomenti”, Sciascia aggiunse altri otto capitoli in cui , come ebbe a dire P. P. Pasolini , l’autore fa largo uso della ricerca documentaria e della denuncia . L’opera così definita non può ascriversi ad un genere unitario ma oscilla dalla storiografia come i primi due capitoli “ La storia di Regalpetra” e “ Breve cronaca del regime”, al genere memoriale , alla cronaca . Nella prefazione della riedizione del 1967 l’autore esplicita dettagliatamente la sua visione della missione del letterato che deve riprodurre la verità, e mette in evidenza anche l’origine dell’opera , dalle cronache scolastiche ai vari capitoli, che compongono un prezioso affresco storico, politico , sociologico , antropologico della Sicilia . I vari capitoli in cui è strutturata l’opera costituiscono, infatti un documento e uno scrigno di notizie fondamentali per conoscere la realtà del meridione , la composizione sociale , le culture e le subculture delle incolte classi possidenti come si evince nel capitolo “Il circolo della Concordia” , il ruolo dei partiti e del clientelismo politico , il voto di scambio e le relative truffe elettorali nel capitolo “Diario elettorale”.E ancora il connubio mafia- politica , la collusione della chiesa , il potere e le sue trame .Nel capitolo “ Parroci e arcipreti” che, per metonimia innescò in Laterza l’idea del titolo complessivo, l’autore mette in evidenza figure e relativi aspri conflitti nella gestione della devozione popolare e degli orientamenti politici della cittadina . “ I Salinari” è il capitolo più apertamente sociale del testo in cui Sciascia fa riferimento alla condizione disumana dei lavoratori delle saline mentre ne “ La neve e il Natale” capitolo che fu aggiunto nel 1963 , l’autore ritorna ai ragazzi di “ Cronache scolastiche “,alla luce di una situazione metereologica inusuale e straniante per Regalpetra , avvolta da un manto di neve tale da acuire disagi e sofferenze degli alunni . Ne “Le Parrocchie di Regalpetra” – a detta dello stesso autore – sono presenti in nuce tutte le tematiche che saranno ampiamente sviluppate nei romanzi successivi da “Il giorno della civetta” , a “Ciascuno il suo” , al “Consiglio d’Egitto” al “Contesto” a “Todo modo” . In Cronache Scolastiche , peraltro , Sciascia , evidenziando il bisogno di affrancare la scuola dalla condizione di scuola di classe , ed estrinsecando la necessità di un’altra didattica e di un altro sapere che potessero contribuire all’emancipazione di quei ragazzi poveri , affamati , subalterni , frequentanti una scuola che li discrimina, si rivela un precursore di tante problematiche che emergeranno e che saranno affrontate successivamente nel mondo della scuola rivelandosi una delle poche coscienze critiche che la scuola italiana abbia avuto nel dopoguerra . Le Parrocchie rivelano anche il suo bisogno di verità, nella denuncia lucida e consapevole delle condizioni di disagio e disumane in cui versavano i lavoratori, i Salinari , gli operai delle miniere di salgemma , i zolfatai che contraevano malattie cosiddette professionali , i braccianti agricoli . Ne scaturisce un’analisi profonda dei paradossi e delle incongruenze della Sicilia che egli conduce con un uso sapiente ed efficace della parola fatta , a tratti ,di brevi e concise frasi che si dilatano quando i contenuti lo coinvolgono personalmente ed emotivamente . Una lingua soffusa a tratti di lirismo e di grande pregnanza realistica che egli adopera in un rapporto conflittuale di odio – amore nei confronti della sua Sicilia , odio per la corruzione , le ingiustizie , la mafia che ne offuscano la bellezza , un’isola che , nonostante tutto ,egli ama di un amore profondo e viscerale come si evince dalla sua stessa affermazione “ho tentato di raccontare qualcosa della vita di un paese che amo” e dai suoi versi “ Sai cosè la nostra vita ? la mia ..la tua / Un sogno fatto in Sicilia . Forse stiamo ancora li’ e stiamo ancora sognando” . Dal suo italiano che Camilleri definì “…limpido, lucido e affilato come una spada ”, fa capolino tuttavia – qualche lessema siciliano , erede in quest’operazione di scrittori come Verga , Alessio di Giovanni , Pirandello , che conferisce ai sintagmi asciutti , caratterizzati da un lessico semplice ed incisivo e da un ritmo ora più celere ora più lento a seconda del fluire dei suoi pensieri , quel sapore di sicilianità radicata nel suo profondo sentire . Leonardo Sciascia , questo straordinario intellettuale siciliano silenzioso , di poche parole, ma che affascina con la magia della parola scritta e con la sua granitica fede nel rapporto tra realtà e parola , ci ha lasciato , tout court , in eredità , attraverso la sua opera, una sorta di staffetta di bellezza che passa di mente in mente, di penna in penna, e che converge in tutti coloro che cercano la storia e il sapore autentico della Sicilia , una terra divenuta nel suo immaginario , un punto di osservazione ideale, addirittura una metafora del mondo .
bibliografia
A. Camilleri, T. De Mauro, La lingua batte dove il dente duole, Laterza, Roma-Bari 2013: 5
L. Borges, Pierre Menard, autore del Chisciotte, in Finzioni, Adelphi, Milano 2003: 35-45 L. Sciascia, Del rileggere, in Cruciverba, Adelphi, Milano 1998: 291.
Mariza Rusignuolo