Da “Un albero di 30 piani” di Celentano ai “30 piani di alberi” del Bosco Verticale di Boeri

Sei anni dopo la sua celeberrima canzone “Il ragazzo della Via Gluck” (1966), Adriano Celentano tornò a trattare le tematiche delle speculazioni edilizie e dell’inquinamento nelle nostre città pubblicando, nel 1972, un 45 giri il cui Lato A presentava la famosa e iconica canzone ecologista dal titolo “Un albero di trenta piani”, in cui il cantautore milanese protestava contro l’edilizia selvaggia che toglieva il verde dalle città e avvelenava l’aria per costruire enormi palazzi e grattacieli. Questo “albero di 30 piani” era il famoso Grattacielo Pirelli, denominato “il Pirellone” dai cittadini milanesi e costruito negli anni tra il 1956 e il 1960, che aveva appunto 33 piani (di cui 2 sotterranei), per un’altezza di 127 m (la più elevata in Europa, fino al 1966).

Oggi le tematiche ambientaliste, naturaliste ed ecologiste sono trattate diffusamente e approfonditamente su tutti i Media, ma 50-60 anni fa queste problematiche non erano ancora molto sentite nella società: quando uscì “Il ragazzo della Via Gluck”, infatti, il nostro Paese era uscito da poco più di 20 anni da una guerra tragica e disastrosa e il desiderio di ricostruzione di case “vere” in città risorte dalle macerie dei bombardamenti prevaleva su ogni cosa. La canzone biografica di Celentano risultò quindi davvero rivoluzionaria perché, per la prima volta, si provava ad aprire gli occhi della gente di fronte alle esagerazioni dell’urbanizzazione selvaggia e delle speculazioni edilizie. Per questo motivo, la canzone fu inizialmente pubblicata in un disco singolo e, poco dopo, inserita in una raccolta non destinata alla vendita al pubblico ma, addirittura, offerta in esclusiva solo ai lettori di un celebre fotoromanzo di quei tempi! Presentata al Festival di Sanremo del 1966, la storia del ragazzo della Via Gluck fu subito eliminata nella prima serata, ma le successive vendite del disco ne decretarono il clamoroso successo che portò alla pubblicazione di un LP che portava proprio il nome di quel brano!

Quando, sei anni dopo, Celentano pubblicò “Un albero di 30 piani”, la situazione era completamente cambiata e le condizioni di vita nelle città erano definitivamente peggiorate! Se nel 1966 Adriano cantava il rimpianto per il mondo della propria infanzia travolto/stravolto dall’urbanizzazione (“là dove c’era l’erba ora c’è una città…”), nella prima metà degli anni ‘70 le speculazioni edilizie e i megaquartieri costruiti negli anni del dopoguerra già presentavano il conto, per le minacce alla salute e per la bassa qualità di vita sociale, ai cittadini che si erano trasferiti in quegli ambienti fortemente urbanizzati e degradati.

I versi della canzone espongono molto chiaramente le problematiche e i danni sullo stato di salute subìti da chi aveva scelto, o ne era stato costretto per motivi di lavoro, di andare a vivere nell’ambiente urbano:

Per la tua mania di vivere in una città

guarda bene come ci ha conciati la metropoli

già sapevano che saremmo ben presto anche noi diventati come loro,

tutti grigi, come grattacieli con la faccia di cera,

con la faccia di cera, è la legge di questa atmosfera

che sfuggire non puoi, fino a quando tu vivi in città.

nella città, i motori delle macchine già ci cantano la marcia funebre,

e le fabbriche ci profumano anche l’aria,

colorandoci il cielo di nero che odora di morte

Il significato dei versi della canzone è inequivocabile: la vita in città è diventata pericolosa, stressante, venefica! Ma prima di concludere il brano, Celentano vuole riportare un ulteriore cenno biografico: proprio vicino alla Stazione Centrale, a pochi passi dalla Via Cristoforo Gluck in cui lui era nato e in cui aveva vissuto la propria adolescenza, aveva visto sorgere il Grattacielo Pirelli e così i 30 piani di vetro, acciaio e cemento del Pirellone vengono evocati proprio per dare il titolo alla canzone: 

Ahia non respiro più, mi sento che soffoco un po’…

Sento il fiato che va giù, va giù e non viene su.

Vedo solo che qualcosa sta nascendo,

forse è un albero… sì, è un albero di trenta piani!

L’illusione di vedere rinascere un albero in città dura appena un verso: quella creatura che cresce verso l’alto non è un albero ma un immenso edificio, il grattacielo che darà lustro internazionale alla città di Milano, simbolo del boom economico e della ricostruzione del Paese!

A distanza di 50 anni da quella profetica canzone, possiamo dire che, pur a fronte di continue colossali speculazioni edilizie, in questi ultimi anni si sta fortunatamente registrando una maggiore attenzione, da parte dei cittadini e delle amministrazioni comunali, a progetti edilizi urbani che prevedano, oltre alla mera costruzione di edifici per abitazioni, uffici, centri commerciali, hotel e parcheggi, anche spazi culturali, zone per stimolare la socializzazione e, non ultime, aree verdi, parchi e giardini per passare del tempo all’aria aperta, a contatto con la Natura, anche nel centro di una grande città! 

Pertanto, per concludere con un briciolo di ottimismo questo breve contributo, ricordo che, proprio a poche centinaia di metri dal Pirellone citato da Celentano nella sua canzone, oggi sorge l’ormai famosissimo Bosco Verticale, progettato da Boeri Studio e realizzato nella zona “Isola” nell’ambito del “Progetto Porta Nuova”. Si tratta di un vasto intervento di rigenerazione urbana e architettonica all’interno del Centro Direzionale di Milano che, su un’area complessiva di 340.000 m2 (57.000 m2 di uffici, 11.000 m2 di spazi commerciali, 160.000 m2 di spazi pedonali, 20.000 m2 di spazi culturali, appartamenti di lusso e posti auto sotterranei), ha comunque destinato ben 90.000 m² a un parco pubblico e alla cosiddetta “Biblioteca degli Alberi”, comprendente 500 alberi di 100 specie diverse e 135.000 piante. 

In particolare, il Bosco Verticale di Boeri, con le sue due torri residenziali (una di 110 m di altezza per 24 piani, l’altra di 76 m per 17 piani, e quindi, in totale, ben più dei 30 piani citati da Celentano nella sua canzone), presenta qualcosa come 900 alberi su circa 9000 m² di terrazze, oltre a migliaia di arbusti e piante verdi o da fiore in vaso, costituendo un esempio rivoluzionario (anche se ancora non diffusamente applicabile e non propriamente sostenibile dal punto di vista economico) di come, nelle città del futuro, l’Uomo possa trovare spazi per le piante non più solo tra un palazzo e l’altro, o lungo i viali alberati, nelle rotonde stradali e nei parchi o giardini, ma anche sulle pareti e sul tetto degli stessi edifici e, quindi, ricreare un rapporto con il Verde delle piante e con la Natura, a stretto contatto coi quali il genere umano ha convissuto durante i 3 milioni di anni della propria storia evolutiva!

Gianluca Burchi

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