“La figlia italiana”, una recensione di Gabriella Maggio

Il mondo è come lo pensiamo ? Le persone che ci stanno vicine sono davvero come noi le vediamo ? Forse se non ci chiudessimo in un bozzolo di pensieri, come scudo contro il mondo  per proteggere  la debolezza che avvertiamo in noi, la nostra vita scorrerebbe più serena e più soddisfacente per noi e per gli altri. Questo il concetto di fondo   del romanzo La figlia italiana di Adelaide Pellitteri edito da PAV. Simona, la protagonista, dopo il divorzio dei genitori si è chiusa in sé stessa piena di rancore verso i genitori e  i parenti che pure vogliono  prendersi cura di lei dopo la morte della madre. Da tempo  ha assunto un atteggiamento rinunciatario per tutti gli aspetti della vita e a nulla vale l’esortazione dell’amica fedele Marta :  Ti serve vivere, Simona. Vivere. Frequentare gente, crearti degli affetti. La sua solitaria vita d’insegnante viene improvvisamente turbata dalla notizia dell’eredità paterna. Simona deve recarsi a Parigi dove il padre,  che vi si era trasferito per ricoprire un incarico alla Sorbona, causa del divorzio, è morto lasciandole in  eredità un appartamento. Riluttante Simona parte con l’intenzione di rinunciare all’eredità di un padre che è stato  assente e che l’ha abbandonata nell’adolescenza quando aveva più bisogno di lui. Ma  le sorprese per la protagonista  non sono finite e dopo dubbi, pentimenti  e  imprevisti,  che sembrano impedire qualsiasi sviluppo positivo della storia, trova, riesaminando i documenti lasciati dal padre perché lei, anche tardivamente possa comprenderlo,  la sua strada di donna adulta e consapevole di sè nel recupero dell’affettività grazie alle attenzioni sincere della nuova famiglia francese.  A Parigi  Simona si riconcilia con la vita ed il mondo e comincia una nuova vita. Da questo punto di vista La figlia italiana può considerarsi un romanzo di formazione, che fa riflettere su quali basi  è giusto stabilire il rapporto genitori figli, perché sia soddisfacente per entrambi. L’analessi non toglie linearità alla narrazione che scorre fluida veicolata da colpi di scena e dall’uso  della lingua  parlata che conferisce alla scrittura  un colore semplice e immediato.  

Gabriella Maggio

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