La notte dell’Antimafia

C’è un palazzo, una regina dalle arti magiche che con i suoi vassalli e valvassori deve gestire un immenso tesoro. Ci sono gli antagonisti che nell’eterna lotta tra il bene ed il male cercheranno di distruggere il cerchio magico. Ma non stiamo parlando di una fiaba dei fratelli Grimm, né di un romanzo fantasy, bensì di una storia realmente accaduta e narrata dal giornalista Lucio Luca nella sua ultima fatica editoriale “La notte dell’antimafia”. Un romanzo, un racconto di cronaca giudiziaria in cui la difficoltosa ricerca della verità mostra alcune fragilità del nostro sistema giudiziario. Tra le carte dei processi, gli articoli di giornale, le conversazioni liberamente tratte dalle registrazioni della guardia di finanza, Lucio racconta una storia in cui di capitolo in capitolo si alternano due piani: la storia di Francesco, imprenditore malavitoso, e la magistrata intoccabile. Gianfranco, il figlio del presunto imprenditore malavitoso, ci accompagna in una dolorosa vicenda imprenditoriale: la nascita, lo sviluppo ed il sequestro del relais Sant’Anastasia, un resort di lusso e un‘ azienda vitivinicola della sua famiglia. La sua voce tra un capitolo ed un altro si alterna con quella della presidentessa Silvana, paladina dell’antimafia siciliana.

Dietro ruoli, garanti di legalità e giustizia, si celano corruzione, clientelismo, abuso di potere. Sono inghiottitoi di quella fiducia reciproca, di quel patto che scaturisce tra stato e cittadini. Potere pubblico, leggi, giustizia sono dentro la lente dell’interesse privato che deforma, nasconde, sminuisce, scrivendo nuovi copioni di verità. 

Nel cerchio magico la regina esercitava un potere attrattivo misterioso. Chi entrava in quello spazio segreto diventava un suo fedele sostenitore. Una sudditanza, nonostante le magiche promesse, che non avrebbe mai portato alla vittoria. Quel cerchio spolpava le aziende intascando illegalmente lauti stipendi per poi farle fallire. Un cerchio che dissacrava la giustizia, la verità, la fiducia, la legge. 

“Nella notte dell’antimafia” la tenacia, la resilienza di chi ha continuato a lottare e non si è arreso alle ingiustizie ha spezzato il cerchio magico. Eroi, in attesa di giudizio, che hanno continuato a sperare di vedere la luce nonostante il lungo tunnel. 

“Mio padre adesso ha ottantacinque anni”, dice Gianfranco Lena “ma continua lo stesso ad andare in azienda ogni mattina e rimane lì fino al tramonto. Quanti altri farebbero come lui dopo tutto quello che ha passato? Quanti, invece, hanno preferito chiudere e andar via per paura di fare la stessa fine?” Sono domande rivolte a noi alla nostra coscienza civica, al nostro patto di cittadini da un imprenditore che ha deciso di restare.

“Ma io non mi arrendo”. Confida Desirè, che ha vissuto la stessa storia della famiglia Lena, a Gianfranco. “Lo faccio per mia figlia, che è ancora piccola. Per mio fratello, che lentamente si sta riprendendo. E per mio padre, che è una persona per bene». Sono scambi di parole che comunicano empatia, forza comune, come le chat che le vittime della regina avevano creato per darsi coraggio e sostenersi a vicenda.

Rivelano desiderio di vita, di riscatto, di confronto con chi ha vissuto esperienze simili. Si chiama ordine nella ragione, perché non giri a vuoto come nei drammi pirandelliani. Perché è dalla solidarietà che bisogna partire per generare coraggio, speranza e fiducia ed in una scala più ampia da quel bene morale da cui scaturisce la legge e la giustizia. Nel buio dell’antimafia abbiamo bisogno della luce del giorno, di un movimento culturale e morale che contagi tutti soprattutto le giovani generazioni, le più adatte, per dirla con le parole di Borsellino “a sentire subito la bellezza del fresco profumo della libertà che fa rifiutare il puzzo del compromesso morale, dell’indifferenza, della contiguità e quindi della complicità.”

Marisa Di Simone

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