L’altra volta ho incontrato una faccia

L’altra volta ho incontrato una faccia.

Sotto gli alberi di via Libertà.

Io aveva appena preso un caffè.

E stavo camminando, sotto un bel sole di giugno.

Era una faccia come una mappa antica.

Rugosa, incartapecorita.

Come una mappa consultata da troppe dita.

E perciò consumata.

Ma ancora viva.

Dalle parti del naso c’era come un albero.

Dovevi seguirlo per arrivare a tutti i sospiri del tempo.

La fronte corrugata era una valle di rimpianti.

Ma spuntavano anche tenerezze lancinanti.

La bocca conduceva nelle profondità dell’indicibile.

Nonostante tutte le parole pronunciate.

Alla fonte dell’unica parola che incontrerà l’infinito.

Quando quelle labbra si schiuderanno.

Gli occhi erano la X.

Il luogo del tesoro ancora insepolto.

Erano azzurri, gli occhi.

Il tesoro era nascosto sotto quel mare, pieno di onde.

Nella spuma degli innamoramenti trapassati.

Era una pagina quella faccia.

Fu bianca, nel suo primo apparire.

Come la faccia di tutti.

Poi, come accade a tutti, venne la scrittura degli eventi.

Era un foglio di carta stropicciato.

Lanciato in un angolo.

Ripreso e steso con il palmo della mano.

Per scriverci sempre.

Era una creatura appena nata.

Gridava la sua gioia di essere venuta al mondo.

Almeno in quella mattina.

Ma portava il peso di tutte le mattine.

Che si erano trasformate in notti.

Senza poterci fare niente.

Era una mano, quella faccia.

Disperatamente tesa.

Verso la mano di chiunque altro.

Chiedeva una stretta forte di umanità.

In un giorno, chissà perché, davvero disperato.

Io me ne sono accorto.

Perché me ne accorgo sempre.

E l’ho guardata, nel breve, come una carezza.

Io l’ho guardata quella faccia di creatura, come la mia.

Mentre camminavo e non ricordavo più dove andavo.

Sotto il sole di giugno.

Roberto Puglisi

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