Parola di.. Poeta!

“Il desiderio” di Giacomo da Lentini.

Amore è uno desìo che ven da’ core


Amore è uno desìo che ven da’ core
per abondanza di gran piacimento;
e li occhi in prima generan l’amore
e lo core li dà nutricamento.

Ben è alcuna fiata om amatore
senza vedere so ’namoramento,
ma quell’amor che stringe con furore
da la vista de li occhi ha nascimento:

ché li occhi rapresentan a lo core
d’onni cosa che veden bono e rio
com’è formata naturalemente;

e lo cor, che di zo è concepitore,
imagina, e li piace quel desìo:
e questo amore regna fra la gente.

Giacomo da Lentini, detto il Notaro, è un illustre esponente, forse addirittura il caposcuola, della cerchia poetica che operò alla corte di Federico II (1194-1250), imperatore del Sacro Romano Impero e re di Sicilia. Proprio a Giacomo si attribuisce l’invenzione di una tra le più diffuse forme poetiche italiane, il sonetto. Ed è in un famoso sonetto che egli, in risposta ad un altro poeta che gli chiedeva “che cosa sia amore”, illustra la dinamica dell’innamoramento, in cui la parola desiderio (nell’antico italiano desìo), che è il nostro focus, rappresenta la cornice entro la quale si muovono i diversi elementi del paesaggio interiore costruito dal poeta.

Desìo compare nella prima e nell’ultima strofa. Nella prima precisa cosa è amore. Amore è un desiderio che proviene dal cuore quando vi è un’eccedenza di piacere: “abondanza di gran piacimento”. Ma il cuore può alimentare il desiderio, si dice dopo, soltanto se è nutrito dagli occhi. Notevole qui la progressione occhi-cuore-amore: gli occhi per prima generano l’amore, ovvero costruiscono la via del piacere, che poi il cuore percorre: “li dà nutricamento”. Senza alcun dubbio si tratta di “una visione fortemente materialistica dell’amore” (Giunta).

Per quanto eccezionalmente ci si possa innamorare anche di qualcuno (o qualcuna) che gli occhi non vedono, se si deve parlare di “amor che stringe con furore”, ovvero di un amore davvero passionale, l’oggetto del desiderio deve essere visto: “da la vista de li occhi ha nascimento”. Gli occhi hanno dunque, per il poeta, un ruolo decisivo, perché essi consegnano al cuore, si potrebbe dire, la materia della loro percezione, e gliela consegnano così come è fatta naturalmente, buona o cattiva che sia: “com’è formata naturalemente”. Come dire che gli occhi non mentono, perché hanno a che fare con la percezione sensoriale non mediata.

Il desìo ricompare nell’ultima strofa, perché si descrive il lavoro compiuto dal cuore nel momento in cui dispone di quanto gli è stato consegnato dagli occhi: il cuore immagina, con uso intransitivo del verbo, cioè senza un oggetto dell’immaginare, che fa sentire tutta la potenza intrinseca di tale fantasticare, anzi tutto il piacere di questo desìo, che questa volta diventa sinonimo – come all’inizio lo era dell’amore – di immaginazione. Il desiderio, dunque, è qualcosa che ha a che fare col visto e rimuginato nella mente. Tutto ciò è in se stesso piacevole e costituisce, dice il poeta, esperienza ordinaria: “questo amore regna fra la gente”.

Ottocento anni di distanza non rendono obsoleta questa dinamica del desiderio. Semmai interpellano un tempo in cui agli occhi fisici si affiancano gli occhi tecnologici che non obbligano il cuore a sopportare l’assenza, perché hanno sempre la possibilità di guardare (in foto, in video, in videochat…) l’oggetto del desiderio. Nel mondo tardomedievale di Giacomo si può anche pensare di innamorarsi senza vedere l’amata o l’amato (“senza vedere so ‘namoramento”), ed effettivamente era plausibile che accadesse, ma è notevole che anche per il suo tempo il poeta ritenesse più significativo lo sguardo fisico, l’unico possibile in assenza di supporti virtuali. 

La questione del desiderio oggi si gioca sul terreno delle polarità lontananza/vicinanza e attesa/possesso. Le dimensioni della distanza e dell’attesa sembrano opacizzate a favore di un approccio consumistico alle emozioni. Ciò non toglie che anche in questo tempo iperconnesso che registra e archivia senza sosta possa annidarsi la possibilità di un’esperienza dell’attesa, della distanza e dell’immaginazione. Un’esperienza che qualifica il desiderio amoroso.

Maurizio Muraglia

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