Semplice è geniale!
Cari lettori e care lettrici, oggi vorrei affrontare un tema sul quale per caso mi sono ritrovata a riflettere e vorrei qui condividerlo con voi.
Vi siete mai chiesti come mai in questo periodo si sentono sempre più casi di violenza, di atrocità sugli uomini e sugli animali, atti inumani oltre che senza alcuna giustificazione. Non parlo solo dei grandi eventi che rappresentano le notizie principali dei telegiornali. Parlo proprio di quei piccoli casi nei paesini, nelle citta, nelle comunità, commessi da gente comune, da padri verso figli, da figli verso genitori, da ragazzi, da uomini e donne tutti esasperati, schiacciati da una vita infelice o poco soddisfacente, dalla gente del nostro secolo.
Mi sono accorta che da qualche anno sono sempre più numerosi i film proposti al cinema o sulle piattaforme che propongono violenze, crimini, uso di droghe e alcool.
Così, di conseguenza, mi domando: queste creazioni cinematografiche che sono frutto di menti contorte e perverse, possono essere un infruttifero e assai deviante spunto per la gente comune? E se così fosse, riusciamo a quantificare la pericolosa portata di condizionamento delle nostre generazioni e di quelle future?
Perché prima non era così? Perché 70 anni fa non c’era tutta questa violenza, intesa in senso ampio non solo nelle azioni, nei gesti ma anche nelle espressioni, nei pensieri, nei messaggi subliminali che la televisioni ed i media in generale ci propongono?
Prima nei telegiornali erano comunicate notizie di cronaca ma in realtà erano maggiormente filtrate e si lasciava il dovuto approfondimento alle pagine stampate. Qualcuno potrà obiettare che ormai la comunicazione viaggia ad una velocità tale che solo il tubo catodico può assicurare! Questo forse è vero ma ogni medaglia ha due facce ovvero in ogni cosa c’è un aspetto positivo ed uno negativo.
Per non parlare dei programmi televisivi nei quali risulta sempre più scadente l’approfondimento culturale e sempre meno curato l’aspetto lessicale oltre che gli accenni storici e culturali.
Ah, certo la cultura non interessa, annoia, meglio vedere h 24 programmi leggeri, ma non di evasione proprio leggeri nel senso di vuoti, che non lasciano granché.
Tutti o la maggior parte di voi ricorderà Enzo Biagi, definito il primo giornalista multimediale del ‘900 e il suo programma Il Fatto così come il famoso programma Superquark di Piero Angela.
Con questo non voglio asserire che i programmi devono essere solo ed esclusivamente culturali ma neanche che debbano essere sciocchi, finti e costruiti per fare audience o peggio ancora dare un messaggio di violenza, di odio, di intolleranza di estremismo comportamentale.
Ad esempio negli anni ’50 la comunicazione era ancora molto cartacea e questo consentiva di approfondire tematiche di cronaca solo attraverso la lettura dei giornali. Con l’arrivo della televisione e dei media in generale tutto è a portata di tutti. Ma proprio tutti. Il che potrebbe sembrare un vantaggio e invece determina un problema di una certa entità: non tutti sanno discernere ciò che è bene da ciò che non lo è.
Prima i film traevano spunto dalla realtà, denunciavano situazioni di violenza, d’intolleranza, oggi è al contrario, purtroppo. Oggi dai film, dalle serie televisive la gente trae spunto per vivere e questo è pericolosissimo!
Grande responsabilità in questa situazione hanno i registi, gli attori e tutti colori che voglio trasmettere qualcosa tramite le immagini che, come si sa, arrivano molto prima al nostro cervello, lasciando impronte indelebili.
Come sosteneva già tempo fa Karl Popper del 1994 nel suo saggio “Cattiva maestra televisione” la tv e la sovraesposizione dei bambini al consumo di programmi possono provocare alla mente infantile e alla personalità in crescita diversi problemi. Ormai la televisione manda in onda soprattutto violenza, sesso, droga e sensazionalismo che rischiano di bloccare la libertà delle menti.
Già sin da piccoli la televisione va limitata e può provocare un processo d’involuzione non costruttivo per il bambino, figuriamoci per l’adulto!
La televisione e il cinema in alcuni casi, con i loro contenuti 3.0, ci dicono chi odiare, come vivere, cosa e quanto bere, chi amare, insomma ci sta inebetendo e Popper se ne era accorto già tanto tempo fa.
Infatti, il filosofo nel suo saggio lanciava una provocazione, come ben si può comprendere già dal titolo, giustificata dalla volontà di difendere la libertà dei singoli e delle loro menti.
Concludo con una frase semplice e per questo a mio avviso geniale, che racchiude il messaggio ultimo e sintetizza perfettamente il concetto sin qui espresso, ovvero non facciamoci condizionare dalla televisione o dal cinema, dalle serie tv o da tutto ciò che non ci appartiene, “La vita non ha il telecomando. Devi alzarti per cambiarla!”
Federica Dolce