Viva Palermo e Santa Rosalia!
Siamo giunti alla settimana di luglio in cui si festeggia, in particolare a Palermo, Santa Rosalia, la Patrona della città. In questi giorni si vanno intensificando, per la città, manifestazioni culturali di ogni genere e molti concerti sono dedicati alla ricorrenza. L’evento del 14 è particolarmente atteso dai palermitani, è il giorno del Carro, quel carro che ogni anno si rinnova e acquista un valore singolare nel ricordare gli eventi più recenti che hanno coinvolto la città e i devoti della Santa.
Chi era Santa Rosalia? (da Luce di tede):
Le notizie sulla sua vita sono alquanto incerte. Da una attenta ricostruzione fatta attraverso i documenti disponibili si possono trarre delle conclusioni abbastanza attendibili. Era una bellissima giovane nobile, della famiglia del principe Sinibaldo, cugino di Guglielmo I, re di Palermo. Nasce nel 1131 e muore nel 1166, all’età di 35 anni. In giovinezza fa voto di castità e fugge da casa per non incontrare il promesso sposo, imposto dal padre. Si rifugia nelle grotte del circondario di Palermo e, infine, in quella di Monte Pellegrino in città. Nel 1624, dopo una ricerca spasmodica, furono ritrovate le sue ossa quando a Palermo dilagava l’epidemia di peste. Queste reliquie vennero portate in processione per le vie della città e, da quel momento, si dice, la peste iniziò a scomparire, fino a cessare. I palermitani riconoscono ciò come un miracolo operato da Rosalia che viene acclamata, quindi, protettrice della città.
Questa è, in sintesi, la ricostruzione della vita di Rosalia. La storia, tuttavia, risulta essere molto più articolata. Secondo un’importante ricostruzione, il culto di Santa Rosalia nasce in periodo di Controriforma per forte influenza del cardinale genovese Giannettino Doria di orientamento filo spagnolo, avverso alle ambizioni autonomiste della Sicilia e per forte influenza dei Gesuiti. Era un particolare periodo di guerra dei santi in cui Santa Rosalia (dei Gesuiti) viene a prevalere su Benedetto il Moro, anche lui eremita nel XIV secolo sul monte Pellegrino, sostenuto dai francescani, e sul beato Andrea di Avellino, voluto dai teatini che erano lì per ottenere da parte della Congregazione dei Riti il riconoscimento per il loro beato come liberatore della peste di Palermo. La congregazione aveva emesso già un decreto a favore, che fu, però, poi ritirato per intercessione dei Gesuiti. Con Santa Rosalia si sancisce il definitivo schieramento della città in favore della politica mediterranea di Roma, in opposizione alle ambizioni espansionistiche degli Ottomani.
Sul Monte Pellegrino di Palermo è allestita una grotta con la statua della Santa. È un luogo di culto dove i devoti vanno a pregare o portano gli ex voto per grazie ricevute o le spose il loro mazzo di fiori. Il 4 settembre di ogni anno, molti palermitani amano salire a piedi sul monte, spesso a piedi scalzi, per ringraziare la Santuzza delle grazie ricevute.
Il culto per Santa Rosalia da parte delle Nazioni straniere
In città erano insediate importanti comunità straniere come quella dei Napoletani, quella dei Genovesi o quella dei Milanesi. Riguardo a quest’ultima, contestualmente che in Sicilia nasce il culto per Santa Rosalia anche in Alto Lago, a Como, dove arrivavano reliquie della Santa inviate dalle Scholae, a protezione della peste che cominciava ad imperversare anche nelle città del Nord, con particolare intensità nel 1629 e 1630. Il Manzoni dà la responsabilità della pestilenza ai Lanzichenecchi. A Peglio, in un quadro del pittore fiammingo Luigi Gentile si legge:
Ego Rosalia Sinibaldi Quisquinae et Rosarum Domini filia Amore Domini Mei Jesu Christi in hoc antro Abitare decrevi
(Io, Rosalia Sinibaldi, figlia del signore di Quisquina e delle Rose, per amore del mio Signore Gesù Cristo, ho deciso di abitare in questa grotta).
Questa sarebbe la frase ritrovata scolpita sulla roccia del Monte Pellegrino (sulla cui autenticità sorgono evidenti dubbi). La frase, infatti, sarebbe stata letta da qualcuno impegnato nella ricerca che, sapendo leggere, riusciva anche a vederla con la debole luce di una torcia.
La forte devozione per la Santa, tra queste montagne lombarde, ha lasciato tracce anche nei nomi femminili, nei gioielli e nell’abbigliamento. L’abito tradizionale indossato dalle donne dell’Alto Lario, almeno fino all’inizio dell’Ottocento, il costume della Moncecca, venne ripreso proprio dal culto di Santa Rosalia e arricchito con i monili realizzati dai mastri orafi siciliani. I Lombardi avevano costituito a Palermo le Scholae Panormi. Erano congregazioni religiose, comunità di lariani, che con i loro contributi si sostenevano vicendevolmente per le loro necessità e contribuivano al sostentamento anche delle famiglie dei paesi di origine. Le Scholae convergevano in una confraternita più ampia, la Confraternita della Nazione Milanese seu Lombarda, retta da un governatore eletto a maggioranza e in carica per due anni.
La Confraternita si manteneva con contributi dei lavoratori e provvedeva all’acquisto di beni e ad erigere un ospedale, che non fu mai realizzato, anche una piccola chiesa, la chiesa di San Carlo Borromeo dei Lombardi alla Kalsa, che doveva servire anche per la sepoltura dei morti lombardi. All’interno di questa chiesa c’era un affresco di Guglielmo Borremans raffigurante Santa Rosalia e la Vergine che sconfiggono la peste.
La storia di Rosalia, ragazza di nobile famiglia, che decide di abbandonare la sua vita agiata per vivere in una grotta in preghiera, è commovente; non ci racconta solo delle scelte di una donna in contrasto con la società del tempo, che va contro le aspettative sociali e materiali della sua epoca e del suo contesto familiare. La scelta di Rosalia di ritirarsi in una grotta per dedicarsi interamente alla preghiera e alla contemplazione richiede una straordinaria determinazione e fede. Spesso nel secolo di Rosalia si verificavano queste scelte di eremitaggio. La giovane Rosalia ha potuto così intraprendere un cammino spirituale profondo, distaccandosi dai beni materiali e dalle comodità derivanti dalla sua posizione sociale. La sua scomparsa e il suo ritrovamento, dopo molti anni, aggiungono un elemento di mistero e meraviglia alla storia. Il fatto che le sue spoglie siano state cercate a lungo e, una volta ritrovate, siano state conservate come oggetto di venerazione, suggerisce che la sua vita e la sua scelta abbiano ispirato profondamente coloro che l’hanno conosciuta o che hanno sentito parlare di lei.
Questa storia ci invita a riflettere sulla ricerca interiore, sulla fede e sulla rinuncia ai beni materiali in favore di una vita più spirituale. Rosalia ci insegna che le azioni di una persona possono essere vissute come esempio ed avere un impatto duraturo su una comunità, ispirando gli altri a seguire il loro cammino spirituale. La storia della Santuzza suscita ammirazione e riflessione sulla natura umana e la ricerca del significato della vita (da Luce di tede).
Francesco Pintaldi