Lì davanti al mare
La prima onda, la seconda onda, la terza onda, la quarta onda ecco la quinta più forte e più violente che si infrange contro gli scogli, bagnandomi con gli schizzi.
Lì davanti al mare come chi aspetta qualcuno da anni probabilmente senza sapere se questo qualcuno sarebbe mai giunto.
Quel rumore frequente, forte, mi faceva percepire anche attraverso periodici schizzi di quanto il mare fosse incazzato quella mattina, sentivo l’odore delle alghe, il sapore dell’acqua salata in quelle goccioline, sentivo freddo ma ero lì davanti al mare.
Quel posto, quello scoglio, era stato sempre lì a far da conforto per quegli istanti rubati alla routine.
Una ferita aperta, la necessità di fare pace con il proprio passato, era come se seduto lì, io mi estraniassi da qualunque aspetto di natura temporale e mi fidassi soltanto delle mie sensazioni, mi bastava soltanto un rumore.
Mi bastava la percezione di un profumo per evocare sensazioni e momenti lontani, semplici e indimenticabili, vissuti, tenendo in mano questa sua ultima lettera che porta ancora il suo profumo.
Ero lì davanti al mare, in compagnia di quell’onda che viene e va, e mi raccontava il tempo trascorso, ormai mi ero sintonizzato percependone la frequenza, sentivo che dopo Le 4 onde più piccole, ci sarebbe stata una quinta onda più grande
Non era l’attrazione del vuoto, non volevo alcuna intenzione di buttarmi in quel mare d’inverno, ma cercavo aiuto affinché fosse l’acqua del mare d’inverno a restituirmi qualcosa che ormai da anni non c’era più e che costantemente io stavo lì ad aspettare.
Chissà dove saranno quei ragazzi dell’ottanta, che fine avevano fatto, che vita avranno avuto, ormai da tanto tempo ne avevo perso traccia, come si dice “che non li vedevo”, espressione forte nel mio caso.
Le era l’unica che non mi faceva sentire diverso, ricordo ancora quando mi porgeva quella mano ben curata, più piccola della mia, ricordo mentre le toccavo la faccia e disegnavo il suo viso, quella voce delicata, il suo profumo semplice, acqua e sapone.
Li su quello scoglio, riuscivo ad evocare la presenza di lei, fu in quel momento che compresi paradossalmente di essere fortunato e non essermene mai accorto.
Ero lì davanti al mare, con quel vento freddo che mi riempiva le ossa che a distanza di quarant’anni aspettavo illuso di poter correggere il tempo…
Dove sono oggi quei ragazzi degli anni Ottanta? Dov’è quella gioia di vivere? Quando bastava poco per renderci Allegri? Avere il mondo ai nostri piedi, convinti che mai ci saremmo separati e che solo noi saremmo stati protagonisti delle nostre vite.
Mentre gli altri cazzoni giocavano a tuffarsi, lei restava con me, mi chiedeva di descrivere il panorama attraverso ciò che percepivo, descrivere a lei che avrebbe avuto la fortuna di vedere la realtà a colori e invece ……
e ciò l’aiutava soprattutto a scacciare i suoi fantasmi, lei aveva dei fantasmi, vedeva dei fantasmi che abitavano nella sua famiglia.
Ricordo ancora quelle mani, quel profumo, quella sua risata coinvolgente, ricordo in maniera molto viva il suo abbraccio forte da dietro, giungendo in punta di piedi alle mie spalle e quando reclinava la testa sulla mia spalla destra.
Io ero qui, come allora, davanti al mare.
L’onda che viene e va in questo mare d’inverno e con lei i miei pensieri.
Questo odore di alga marcia depositata sugli scogli, il sale, il vento il freddo, lì davanti al mare.
L’onda che viene e va, questo fruscio, questo rumore fragoroso sugli scogli da parte di un mare in un pomeriggio freddo l’invernale.
Seduto lì davanti al mare, neanche questa volta verrà.
“Professore si è fatto tardi e fa molto freddo, la riaccompagno a casa”.
“Stia fermo lì che è pericoloso vengo io a prenderla”.
Gli andò incontro, gli porse il braccio e si avviarono verso la macchina, il professore rimise la busta in tasca lasciando cadere un ritaglio di giornale involontariamente che il vento sollevo da terra spingendolo verso le onde del mare.
Renzo Botindari