La magia dell’incipit
Il punto esatto dove lettore e autore si prendono per mano per iniziare un viaggio è l’incipit.
L’autore ha già fatto il cammino per conto suo e, durante questo, ha scoperto molto di sé e del lettore stesso, pur non avendolo mai visto; perché l’autore è un visionario. La sua: è una conoscenza istintiva.
La parola magia per definire l’incipit non è di certo campata in aria giacché quel primo paragrafo, o poco oltre, è il frutto più spontaneo dell’ispirazione; simile a un diamante, esce già puro dalla miniera chiamata immaginario.
Molto difficilmente verrà rielaborato a fine romanzo. Anche a provarci, nel 90% dei casi (mia piccola indagine), si torna alla prima frase concepita; in linea di massima, quando lo si stravolge è perché la trama ha deviato del tutto dall’idea originaria. Ovviamente, non tutti gli autori sono uguali, ma quando la strada imboccata è quella giusta, l’incipit sarà il faro che guiderà l’intera stesura, in corso d’opera, e la lettura, ad opera pubblicata.
Sempre secondo il mio piccolo sondaggio, risulta essere la parte meno revisionata di un romanzo; piuttosto, la si legge e rilegge a posteriori per essere sicuri che con poco si sia detto abbastanza.
Solitamente si dice che l’incipit serve a catturare il lettore, eppure, confesso che a me non piace vederlo come un’esca, se così fosse il seguito risulterebbe una truffa. L’incipit è, piuttosto, il seme della genialità, il virgulto dal quale nasceranno le fronde, ovvero le singole sequenze di una trama; è la sintesi perfetta, il cammeo del romanzo cui appartiene.
Esistono diversi tipi di incipit e, per chi legge libri ma non lo sa, può essere interessante scoprire quali sono almeno le quattro categorie principali, e cioè: narrativo, descrittivo, dialogico e in media res (quest’ultimo il più gettonato dalla narrativa contemporanea).
Il Narrativo: Descrive il contesto generale della situazione dalla quale scaturisce la storia. Sul libro della Fallaci Un cappello pieno di ciliegie, ad esempio, leggiamo: Ora che il futuro s’era fatto corto e mi sfuggiva di mano con l’inesorabilità della sabbia che cola dentro una clessidra, mi capitava spesso di pensare al passato della mia esistenza: cercare lì le risposte con le quali sarebbe giusto morire. Perché fossi nata, perché fossi vissuta, e chi o che cosa avesse plasmato il mosaico di persone che da un lontano giorno d’estate costituiva il mio Io.
Il lettore, da questo incipit, sa già che il viaggio di Oriana lo porterà a ritroso nel tempo, alla ricerca delle origini dell’autrice. Ognuno di noi vorrebbe conoscerle per comprendere meglio se stessi. Per questo, l’incipit della Fallaci cattura e incuriosisce.
Il descrittivo: Presenta luoghi o personaggi.
Tenera è la notte, di Francis Scott Fitzgerald, comincia così: “Sulla bella costa della riviera francese, a mezza strada tra Marsiglia e il confine italiano, sorge un albergo rosa, grande e orgoglioso. Palme deferenti ne rinfrescano la facciata rosata, e davanti a esso si stende una breve spiaggia abbagliante.”
Il romanzo breve di Joseph Roth (da non confondere con Philip Roth autore di Pastorale americana) La tela del ragno, invece inizia con: Theodor crebbe nella casa del padre, l’ispettore doganale ed ex sergente maggiore Wilhelm Lohae. Il piccolo Theodor era un ragazzo biondo, volenteroso e beneducato. Aveva desiderato con tutta l’anima la posizione importante a cui doveva poi arrivare, ma non aveva mai osato crederci. Si può dunque dire che superò le aspettative mai riposte in se stesso.
Il dialogico: Come suggerisce la parola stessa, riporta dialoghi, ed è ciò che ha fatto Giulio Verne nel suo L’isola misteriosa:
— RISALIAMO?
— No! Al contrario! Scendiamo!
— Peggio ancora, signor Cyrus! Precipitiamo! —- Mio Dio! Gettate zavorra!
— Ecco vuotato l’ultimo sacco!
— Il pallone si rialza?
— No!
— Sento un rumoreggiare di onde!
— Sfido! Abbiamo il mare sotto la navicella!
— L’acqua dev’essere a meno di cinquecento piedi sotto di noi! Allora una voce possente lacerò l’aria, e risuonarono queste parole:
— Via tutto quello che pesa! Via tutto!… E affidiamoci alla Provvidenza divina!
In media Res: Introduce la scena di una storia già in pieno svolgimento.
Italo Calvino per il suo Il Visconte dimezzato ha scelto queste parole: C’era una guerra contro i Turchi. Il visconte Medardo di Tarralba, mio zio, cavalcava per la pianura di Boemia dietro all’accampamento dei cristiani. Lo seguiva uno scudiero a nome Curzio.
Ed ancora, da La metamorfosi di Kafka: “Gregorio Samsa, svegliatosi una mattina da sogni agitati, si trovò trasformato, nel suo letto, in un enorme insetto immondo.”
Gli incipit, come già detto, contengono l’annuncio di ciò che l’autore andrà a raccontare, per questo motivo non possono nascondere inganni né prestarsi a fraintendimenti; essendo il cuore del romanzo stesso, hanno il dovere di stupire e conquistare per la forte capacità espressiva.
Chi di voi non ricorda questi incipit?
Non cito gli autori perché sono certa che non ce ne sia bisogno.
«Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo. In casa Oblonski tutto era sottosopra.»
“Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e golfi,..”
E, dulcis in fundo: “Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai in una selva oscura che la diritta via era smarrita.”
Lo scopo di questo articolo non era raccontarvi qualcosa di nuovo, mai sentito prima, ma invitarvi ad assaporare gli incipit in ogni parola, perché in questi risiede la magica genialità dell’autore.
Adelaide J. Pellitteri