Il Babbìo 

Storia della stampa satirica a Palermo di Gabriello Montemagno

Oggi voglio parlarvi del libro Il Babbio pubblicato nel 2013 dalla Sellerio Editore. L’autore, Gabriello Montemagno, purtroppo, ci ha lasciati nel settembre del 2022.  Perché allora parlarvi di questo libro? Il motivo è presto detto: si tratta di un piccolo gioiello.

Montemagno che è stato per lungo tempo giornalista della testata L’Ora e collaboratore del settore programmi Rai siciliana, attivissimo regista e attore di teatro, ha lavorato a quest’opera per anni, e si percepisce chiaramente. Ha ricostruito un lunghissimo periodo storico che va dal 1848 al 1987 attraverso le innumerevoli testate umoristiche nate in quegli anni a Palermo. 

Rileggere la storia d’Italia attraverso l’umorismo siculo è davvero un percorso tutto nuovo. Certo, si finisce per credere alla reincarnazione dei politici (così che, se vivete nella speranza di potervene liberare, mi tocca dirvi: disperate, gente, disperate). 

Leggere Il Babbìo, che a parer mio ogni palermitano (e non) dovrebbe possedere, è una vera sorpresa. 

Dai Borboni a Berlusconi, si passa per la belle époque cittadina, il “buco nero” del Fascismo, la grande guerra, dando perfino uno sguardo ai giornali italiani, quando questi dovevano sollevare l’umore dei soldati. 

Per queste testate si pensi che disegnarono e scrissero uomini come De Chirico, Ungaretti, Curzio Malaparte…

Una raccolta di materiale enorme, gestita con una leggerezza e un ordine che rendono godibilissimo il testo. Tante sono le informazioni che rimangono impresse nella memoria giacché diverse sono facilmente ricollegabili a qualche nostro lontano ricordo, per conoscenza scolastica o ricordi personali. 

Ho ritrovato, ad esempio, un aforisma che mio nonno usava ripetere spesso e del quale, allora, non capivo il vero significato. Diceva: “Cosa ri mittillu ‘nto Piff Paff”. Adesso che, grazie a Gabriello Montemagno, ne ho finalmente scoperto il senso, mi pare di avere recuperato al meglio un bellissimo ricordo.

Il Piff Paff era uno dei tantissimi giornali satirici che proliferarono a Palermo con una rapidità e un’abbondanza incredibili (si pensi che nel solo mese di maggio del 1848, nacquero ben cinque testate). Sul Piff Paff, (che ebbe lustro dal 1878 al 1935), dicevamo, venivano pubblicate senza alcuna censura gli “spropositi” fatti dal politico di turno. E state sicuri che il materiale non mancava mai! Da qui il detto recitato da mio nonno. Chi faceva delle vere sciocchezze avrebbe meritato il suo bell’articolo sul Piff Paff. 

Trovare, poi, una poesia dedicata alla “munnizza” di Palermo pubblicata nel lontano 1900, mi ha fatto assimilare il concetto che se i politici sono sempre uguali (vedi reincarnazione), sempre uguali rimarranno i nostri problemi. 

Chi vorrà leggere Il Babbìo scoprirà tantissime cose, ad esempio verrà a conoscenza del fatto che nel 1896 in seguito alla costruzione del nuovo Carro della Santuzza, fortemente voluto da Giuseppe Pitrè e realizzato dalla Fonderia Orotea, il Comune perse una causa che avrebbe dovuto vincere. Il carro risultò fuori misura e pesantissimo creando non pochi problemi. Ci vollero (a causa persa): un terreno dove costruire un magazzino per conservarlo, un custode per custodirlo, un ispettore per vigilare sul custode, un segretario per l’ispettore, due scritturali… e tanto altro ancora, con un lievitare di costi abnorme.

Si troverà la cronaca di duelli farsa, poesiole e vignette (tratto distintivo, quest’ultimo, dei giornali satirici e assoluta novità nell’editoria di fine ottocento), troverete anche le “gesta” di imprenditori come i Florio o il Pecoraino (proprietario del vecchio mulino di Corso dei Mille, che preferì comprare uno di questi giornali piuttosto che continuare a farsi beffeggiare quotidianamente). Ed ancora stralci del giallo “La banda di Palm city” scritto nel 1964 da Napoleone Colajanni (allora segretario del PCI), ispirato alla speculazione edilizia, alle vicende di Lima e Ciancimino identificabili nei personaggi Mac Lime e Ciang Cai Min, 

Le mie note sono solo piccoli frammenti scoordinati, forse anche mal distribuite in ordine di tempo, ma scrivo andando per memoria con l’intento di trasmettere lo stesso entusiasmante stupore che il libro ha suscitato in me. 

Per questo motivo ritengo che una mia recensione anche ben più lunga possa risultare ugualmente insufficiente; a questo punto posso solo aggiungere che questo testo è un crogiolo di notizie esilaranti e non; un lungo intreccio di storie che lo rendono avvincente al pari di un romanzo. 

Leggere questo libro mi ha fatto venire in mente che le riviste, siano esse culturali o satiriche, sono il termometro del periodo in cui vanno in stampa. Per natura sono improntate sulla spontaneità, i loro autori scrivono per reazione a situazioni o eventi che testate blasonate non prenderebbero mai in considerazione. Si occupano di fatti o personaggi in apparenza secondari, di “minuzie”, che potrebbero passare inosservate e che invece meritano divulgazione. 

Il Babbio lo dimostra.

Adelaide J. Pellitteri

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