La bocca dell’anima il film che tutti dovremmo vedere
Ieri al cinema Eden di Termini Imerese ho seguito con grande interesse un film di Giuseppe Carleo molto suggestivo dal titolo: “La bocca dell’anima”. Confesso, che amo molto l’impostazione dell’architetto Roberto Tedesco nelle presentazioni dei film, con la presenza del cast e dei registi. Roberto con grande competenza ha introdotto il film a cui è seguito un interessantissimo dibattito, subito dopo i titoli di coda. Era presente Linda Cirivello Presidente dei Lyons Imera Cerere. Il film è un viaggio onirico nella Sicilia del 1949, con immagini strepitose di Petralia Sottana sorpresa da una tormenta di neve. Splendida la fotografia di Orfeo Leone e le musiche molto appropriate di Paolo Brignoli. Mi hanno molto colpito, i canti del venerdì Santo eseguiti a cappella dai lamenta tori dell’Arciconfraternita del SS. Sacramento Mussomeli e la musica dei barbieri eseguita da Nino Nobile, Alessio Bondì, e Giacco Pojero. L’opera cinematografica è stata sceneggiata da Carlo Cannella e Giuseppe Carleo. Si tratta di un lavoro molto particolare, che richiama ad una nota novella dello scrittore Luigi Pirandello La favola del figlio cambiato e al film capolavoro di Emanuele Crialese Nuovomondo. Il film, prodotto da Favorita Film ed El Deseo, è l’esordio al lungometraggio di finzione di Giuseppe Carleo, regista palermitano già noto per il cortometraggio “Parru pi tia” (2018). E’ stato presentato in anteprima mondiale al Taormina Film Fest lo scorso 18 luglio ed è uscito nelle sale italiane il 26 settembre. “La Bocca dell’Anima” ha come tema centrale la magia popolare, per la prima volta trattata nel cinema non in veste documentaristica ma all’interno di un racconto drammatico realistico, fuori dalla chiave horror fantasy. E una delle sue particolarità è che il racconto è ambientato in una Sicilia fuori dagli stereotipi e quasi mai mostrata sul grande schermo, ovvero la Sicilia dell’entroterra montano e nevoso. Ecco una descrizione letteraria del fim:
“Pallido, sporco ed emaciato, Giovanni Velasques ritorna nel suo paese natale, un piccolo villaggio arroccato sulle montagne della Sicilia. Un oscuro trauma che si porta dalla guerra provoca in lui una violenta crisi. A liberarlo da questa sofferenza è una vecchia maga che lo inizia all’arte della magia, rivelandogli di possedere il dono, lo spirito di un uomo morto con il quale potrà aiutare gli altri. Ben presto l’autorevolezza conquistata dal nuovo mago lo porta a scontrarsi con le altre facce del potere, la chiesa e la mafia. Giovanni ripiomba in una solitudine che lo incattivisce, finché il grido di dolore della sua famiglia lo richiama al ruolo di padre e lo intima a rinnegare quello spirito “diabolico” che alberga nel suo corpo”.
Il regista Giuseppe Carleo risponde a due domande:
A chi si rivolge il fim ?
Questo è un film sul popolo e del popolo, perché la sceneggiatura e l’immaginario in essa contenuti si sono nutriti dell’osservazione di questo mondo e dei suoi protagonisti. Questo film dà voce a chi non può alzare la voce, perché proviene da strati sociali subordinati,da una cultura subalterna che merita la nostra attenzione. In questo senso questo è un film che tutti possono vedere, e nel quale tutti possono riconoscersi, perché tutti, in un modo o nell’altro, sono entrati in contatto con la dimensione della magia popolare e ne hanno bisogno.
Perchè ha girato La bocca dell’anima ?
Narrare la vicenda dell’evoluzione di un mago rappresenta lo specchio attraverso il quale leggere questioni nodali dell’esistenza umana: la dialettica fra la vita e la morte, la capacità di trasformare e dare senso ai drammi della vita e al suo mistero, trovare la libertà individuale all’interno di una comunità e dei suoi schemi.
La bocca dell’anima è un viaggio nelle tradizioni popolari autentiche della Sicilia, si rifa agli studi di etnomusicologia intrapresi da Elsa Cugino nell’università di Palermo. E’ il mondo magico e affascinante raccontato con poesia e dolcezza da Giuseppe Carleo. Bravissimi gli attori. E’ un film da vedere anche per le nuove generazioni per riscoprire la Sicilia dal cuore antico.
Maurizio Piscopo