Ci hanno nascosto Danilo Dolci – La recensione

“Da anni volevo realizzare un sogno: raccontare e far conoscere la storia di Danilo Dolci ai bambini,
ai siciliani e non solo , ma soprattutto alle nuove generazioni, per migliorare la società in cui
viviamo e far conoscere un modello positivo“

Con queste parole si apre questo prezioso scrigno di notizie costituito dal libro di Maurizio Piscopo “ Ci
hanno nascosto Danilo Dolci”, simile a uno scrigno tenuto chiuso o ignorato per parecchio tempo da
molti e in cui l’autore energicamente e, con un tocco di amarezza, come dal vaso di Pandora, leva il
coperchio per far venire fuori questa meravigliosa figura di intellettuale visionario che le nuove
generazioni meritano di conoscere. Il suo obiettivo è quello di renderle consapevoli di come un
sociologo, innamorato della Sicilia e trasferitovisi da Trieste, abbia nutrito un sogno, quello di
trasformarla col cambiamento, per renderla una terra migliore.
Un luogo in cui le diseguaglianze fossero eliminate, dove tutta la gente avesse avuto il bene prezioso
dell’acqua, una terra dove i meno fortunati sarebbero stati supportati e aiutati dalle istituzioni, in cui i
lavoratori non fossero stati sfruttati, in cui la desolante realtà delle miniere fosse stata affrontata dai
padroni con maggiore consapevolezza dei rischi che incombevano sui minatori. E ancora un luogo dove i
bambini delle famiglie indigenti potessero essere ben nutriti e istruiti e in cui gli immigrati potessero
essere accolti dignitosamente .
Attraverso il testo l’autore ci fornisce dettagliate notizie, per coloro che non hanno avuto il privilegio di
conoscerlo, sull’operato di questo intellettuale lungimirante che avrebbe voluto rendere la Sicilia una
terra di civiltà, di cooperazione sociale, in cui la bellezza del paesaggio si traducesse in armonica
bellezza di una comunità in cui svanissero pregiudizi, conflittualità, rivalità in nome di un’auspicata
fratellanza e comunione di interessi. Lo scrittore esplora, altresì, le varie fasi della vita di Danilo Dolci, “un
ribelle”, un precursore di futuro che, col suo impegno sociale, culturale, ecologico, ha determinato una
svolta epocale riuscendo a creare una smagliatura nell’atteggiamento indifferente delle classi dirigenti
con la sua rivoluzione pacifista, fatta di scioperi alla rovescia, di digiuni collettivi, di fusione dei diritti
sociali nei diritti umani. Pone l’accento, inoltre, sull’uomo Danilo Dolci, convinto assertore che, per
conoscere i poveri, bisognava vivere con loro e condividerne i bisogni materiali e la condizione spirituale
in cui risiede “la forza dei piccoli” come ebbe a dire Carlo Levi, “quella immensa energia che si libera nel
momento stesso in cui l’esistenza si realizza per la prima volta e prende, per la prima volta coscienza di
sé”.
Maurizio Piscopo, nel testo, non si limita a tracciare una biografia di Danilo Dolci ma allargando la sua
ricerca attraverso le testimonianze del figlio del sociologo e di chi era legato a lui da sincera amicizia, ci
ha restituito il profilo psicologico, le idee, i metodi e le battaglie operate da questo intellettuale
visionario scandagliandone l’animo e mettendone in evidenza preoccupazioni, amarezze, sofferenze.
Leggendo il testo si ha l’impressione che i due sguardi, quello del maestro di scuola elementare
Maurizio Piscopo e quello di Danilo Dolci si specchino e convergano nel loro amore per l’insegnamento
e per i bambini, di cui ammirano all’unisono la creatività, l’innocenza, l’intelligenza. Penso che il sogno
dell’autore di far conoscere Danilo Dolci a bambini, ragazzi e ragazze e non solo, si avvererà e che la
bellezza che emana questo testo restituirà a Danilo Dolci, attraverso la sua renaissance e la
divulgazione delle sue convinzioni, la realizzazione di quel sogno utopico che si era infranto durante la
sua vita. Oggi sempre più le sue intuizioni, le sue teorie e il suo metodo maieutico vengono
approfondite e messe a segno quale straordinario strumento di ricerca e sperimentazione da scuole e
istituzioni sia italiane che straniere. Tale metodo, alla luce dei travagliati rapporti internazionali odierni,
è di importanza centrale per la comunicazione tra popoli, mentre il suo metodo di comunicazione non
violenta non solo è usato nelle scienze sociali ma sperimentato anche nelle arti, nel teatro, nella musica.

Dopo la clamorosa attenzione risvegliata nei suoi contemporanei e la dimenticanza degli ultimi anni, era
ora che si desse voce a questo grande sociologo attraverso un testo come questo di Maurizio Piscopo.
Lo scrittore tout court, ha catturato e ridato spazio, attraverso la sua penna, alle tante voci di quegli
ultimi che Danilo Dolci aveva intervistato, riportandone nei suoi racconti, la bellezza estetica della
parlata schietta di pescatori, contadini, braccianti, pecorai, famiglie stremate dalla fame o dal non
avere una degna abitazione. E Maurizio Piscopo, mettendo a nudo la figura di questo novello Gandhi o
Don Milani siciliano, come è stato da più parti definito, lo fa con pathos e profonda partecipazione agli
eventi narrati per cui lo spazio dell’anima finisce con l’ essere inglobato dallo spazio narrativo. La sua è
una prosa semplice ma efficace, accattivante e coinvolgente dove i lessemi profumano di autenticità,
di sincerità, di nostalgia mista ad amarezza ma in cui si intravede la luce della speranza di un
cambiamento della nostra amata Sicilia, tanto auspicato da Danilo Dolci.

Mariza Rusignuolo

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