Oltre Tutto
Quando l’arte racconta la psiche umana
Ho sempre pensato di raccontare la psichiatria in maniera diversa, fuori dagli schemi, quegli stessi che l’hanno relegata a una disciplina medica di serie B, se non peggio.
Lo stigma che avvolge la malattia mentale tutta, dai pazienti agli operatori, fa vedere solamente ciò che molti vogliono vedere, eliminando certamente tanto altro che c’è ma non interessa portare alla luce.
E’ opinione comune che i nostri reparti siano fatiscenti, sporchi, brutti, maleodoranti per colpa di pazienti “vuoti a perdere o aggressivi”, da cui allontanarsi, o meglio da allontanare tenendoli chiusi, lontani dalla vita reale, lontani dai “normali” (chiediamoci pure quale sia il reale concetto di normalità).
Praticamente per molti il nostro è un lavoro custodialistico; carcerieri in camice bianco che devono semplicemente sedare le menti di questi “poveri pazzi che tanto non guariranno mai”.
Nel maggio 2007 ho fondato l’Associazione Onlus StupendaMente, coinvolgendo un gruppo di amici, proprio per mostrare come la psichiatria sia ben altra cosa.
Da quel momento abbiamo realizzato non solo oltre 60 eventi scientifici ma indirizzato il nostro lavoro a progetti inclusivi per i pazienti attraverso varie forme artistiche: dalla pittura alla fotografia, dalla musica al teatro, libri, contato con la natura, con gli animali, ecc…
In questo procedere siamo giunti nel mese di gennaio 2024 al progetto “OLTRE TUTTO”, coinvolgendo l’artista Igor Scalisi Palminteri e il suo staff.
L’incontro mio personale con Igor sembrava inevitabile.
Sua madre, prematuramente scomparsa, lavorava come infermiera psichiatrica prima presso il vecchio manicomio di Palermo, l’Ospedale Psichiatrico di Via La Loggia, e successivamente nel reparto psichiatrico dell’Ospedale Ingrassia (Servizio Psichiatrico Diagnosi e Cura, alias SPDC).
Quando ho spiegato così ad Igor il progetto che l’associazione voleva realizzare siamo entrati immediatamente in un assetto non lavorativo ma emotivo vero e proprio.
Dice Igor Scalisi Palminteri: “quando Marcello mesi addietro mi ha proposto questo lavoro ho ricordato gli anni in cui mia madre aveva lavorato alla psichiatria dell’ospedale Ingrassia, ma prima nel reparto femminile del manicomio ed io bambino andavo a trovarla e mi presentava le pazienti. Stiamo parlando del periodo precedente alla legge Basaglia. Io conoscevo tutti i matti (così si chiamavano ai tempi), quelli che potevano uscire durante il giorno e tra loro c’era Mimma che veniva sempre a casa nostra e aiutava mia madre; e la signora Fucsa, alta e magra, con i capelli sempre curati e il rossetto fragola che parlava con una inconfondibile “S” sibilante. Oggi il cerchio si chiude: restituisco la bellezza di quelle amicizie che mia madre era capace di costruire”.
Igor si commuove raccontando tutto questo; i suoi occhi sono lucidi mentre ci confrontiamo sul lavoro che stiamo realizzando insieme. Vien fuori l’artista certamente ma soprattutto il figlio che trova un modo assolutamente nuovo per raccontarsi/raccontare sua madre, la sua “montagna”, come mi confiderà poi.
Ho chiesto a Igor di portare il suo colore nel mio reparto; portare la sua arte, la sua capacità di trasmettere una emozione attraverso una immagine, una pennellata.
Questo è successo.
Già lo scorso anno avevamo creato una stanza fumo dedicata ai nostri pazienti; avevamo realizzato un progetto con il Liceo Artistico Catalano per pannellare il lungo corridoio del reparto e portare il cielo sul soffitto della stanza mensa.
Ma questo non è solo il luogo dove vivono i nostri pazienti, ma diventa inevitabilmente la seconda casa di tutti noi operatori. E allora cerchiamo di vivere al meglio dentro un luogo di cura, che sappiamo bene essere pur sempre ospedale, non lo dimentichiamo mai, ma che può e deve diventare ospitale, accogliente, dignitoso, non deve spaventare, deve trasmettere umanità, far sentire in qualche modo in un luogo sicuro e familiare.
Per portare questo “senso di casa” abbiamo allora portato i cani in reparto osservando la gioia negli occhi e nei gesti dei nostri pazienti; la musica con diffusori lungo tutto il reparto che permette un sottofondo che dona tranquillità a tutti, abbiamo creato una piccola biblioteca, messo a disposizione di tutti dei giochi da tavolo. Abbiamo, in poche parole, curato uno spazio, e in questo modo curato chi in quello spazio deve vivere o deve curarsi. Siamo convinti che la cura della mente dipenda anche dalla quotidianità.
Adesso restava quel grande muro bianco, quella parete della stanza fumo che andava trasformata, “abbattuta”. La nostra idea è quella di “aprire al mondo esterno” metaforicamente le pareti del reparto, ovviamente chiuso trattandosi di pazienti con acuzie psichiatriche e quindi porte e finestre chiuse e sbarre a loro protezione.
Quel grande muro diventa così la tela a disposizione dell’arte di Igor Scalisi Palminteri, e su questa ha realizzato il suo mondo interiore che si è perfettamente ritrovato, mescolato a quello di ognuno di noi “lì dentro”.
Non ha solamente pennellato il suo sogno interiore o come lo definisce lui: “questo è un paesaggio mentale, interiore; è l’idea di raccontare in maniera istintiva e spontanea, senza un progetto predefinito, un sentimento, un pensiero, quello che può stare dentro la nostra testa e difficilmente riusciamo a spiegare”, ma ha coinvolto tutti i pazienti e gli operatori a “metter mano” su quella tela e così creare tutti la nostra finestra aperta sul mondo.
Una distesa di colori, la natura, il lago, le montagne, il cielo, un grandissimo fenicottero rosa (detto anche l’uccello dei quattro elementi; è storicamente e mitologicamente definito il simbolo di equilibrio, armonia, positività, fascino, eleganza, rinascita, amore, indipendenza, sincerità ed altruismo. I suoi piedi palmati gli consentono di camminare nel fango senza sprofondare. Una metafora di chi vuol lottare contro una malattia, in questo caso mentale), delle rondini, degli alberi ed una casetta. Uno spazio grande e libero dove lasciar correre la mente di chiunque avrà la curiosità di osservare e soprattutto trovare, guardando, guardandosi.
Entrare oggi in quella stanza significa mettersi di fronte un grande specchio e li restare in silenzio per ritrovarsi.
“Chiamatemi pure sognatore, ma quanto è bello sognare così”
Marcello Alessandra