Recensione di “Libera nel vento” di Dino Marchese
Definirei questo romanzo un diamante dalle mille sfaccettature per le molteplici emozioni che emana attraverso l’esperienza del narratore/ protagonista che si avventura in un viaggio / fuga dalla realtà con la sua cavalla , una purosangue araba, Calypso , nel tentativo di darsi delle risposte e di soddisfare il suo bisogno di infinito. E’ , infatti , la ricerca del senso della vita il motivo dominante del testo “Libera nel vento” che, con linguaggio ora nostalgico, ora malinconico, ci introduce nelle profondità dell’animo umano . L’autore , attraverso il cammino verso Santiago di Compostela ritrova sé stesso , nella solitudine del viaggio con la sua cavalla e, lontano dal clamore del mondo , attraverso le frecce che segnano il percorso del cammino , quasi spie del fluire della vita, giorno dopo giorno, si dipanano dalla sua mente riflessioni, bilanci, ripensamenti . In questo romanzo c’è il travaglio di ogni essere umano che si confronta con il tempo e con la vita . Un viaggio alla ricerca di sé stessi accompagnato “dagli schiaffi del vento sul viso”, dal ritmo incalzante degli zoccoli di Calypso ora cadenzato , ora affaticato per le ripide salite , ora libero, che riproducono il ritmo delle sensazioni, dei pensieri che l’autore traduce in parole , che sono specchio della vita stessa perché la vita ha un ritmo imprevedibile , mescola felicità e dolore, pieno e vuoto e per di più non ha forma ma assume quella che ciascuno di noi le vuole conferire . La vita ha fame di vivere e Dino Marchese questa fame l’ha maturata sia attraverso il cammino per Santiago Di Compostela che attraverso le parole, perché il leit motiv di questo testo sono proprio le parole a cui l’autore affida il desiderio di dar voce al suo travaglio , alla sua inquietudine esistenziale e al suo anelito alla speranza . Lo scrittore, infatti, infiora di speranza il suo cammino ed ogni parola , investita dalle sue emozioni , emana un verticalismo lirico prorompente come, ad es, l’immagine della pioggia che diventa sul suo viso “una carezza umida” e “disegna arabeschi” . IL suo è dunque un viaggio nel viaggio , un viaggio con una duplice accezione , un viaggio nell’io che è “ricerca di infinito , di cullarsi nel mare dell’esistenza per cercarne il senso”, e un viaggio fisico costellato di tappe , di incontri , di illuminanti scoperte , in simbiosi con la sua fedele amica Calypso , rassicurante compagna che sembra assumere connotazioni umane e che “si attorciglia nei suoi pensieri” e sente il suo stato d’animo , condividendo all’unisono con il suo cavaliere , sensazioni molteplici e talvolta controverse, incertezze , stanchezza per il cammino a tratti impervio e faticoso, ed anche ricordi belli e brutti , vittorie e sconfitte . Su tutto domina un palpitante e magico paesaggio galiziano , quasi irreale , con scenari spettacolari, a tratti lunari ed aspri ,fatti di saliscendi , con fondi stradali accidentati e sassosi , con la vegetazione che ricopre le vette dei monti “come nel quadro di Cezane della montagna di Saint Victoire”, con l’attraversamento di tanti piccoli villaggi e castelli e ponti medioevali , con fitti boschi i cui alberi “sembrano parlare e avere sentimenti simili a quelli degli esseri umani come nel romanzo “ Il Signore degli anelli”. Nel testo si enuclea anche la dettagliata descrizione degli ostelli che offrono ricovero e cibo anche a Calypso e dei simboli di cui è costellato il cammino come “ La croce del rimorso” , risalente al 1670 , una delle più toccanti sculture della Crocefissione. Per non parlare dei tanti luoghi dedicati a personaggi famosi come la piazza di Santiago dedicata al poeta spagnolo Miguel De Cervantes , o dimore e siti storico/archeologici che vengono menzionati come il villaggio di Castromaior , ruderi di un castro risalente al quarto secolo avanti Cristo e abbandonato dai Celti nel I sec. dopo Cristo , o l’acciottolato di Ligonde , una delle dimore di Carlo I e del figlio Felipe II , che sposò Maria Tudor , detta la sanguinaria o ancora la strada di Santiago dove, in un lussuoso appartamento avrebbero dormito Giovanna La Pazza e Filippo il bello. Fortemente caratterizzati inoltre, i personaggi che lo scrittore incontra e che sembrano emergere da questo scenario imponente , quasi miraggi impalpabili , mossi da pietas umana, per accompagnare il pellegrino nella solitudine del suo percorso . Ed ecco presentarsi al lettore un variegato campionario umano che affronta il cammino con motivazioni diverse ma con un unico obiettivo, e di cui l’autore indaga gli aspetti psicologici più profondi e reconditi . Di questa galleria di personaggi un posto non secondario ha la sua guida , dal curioso nome di Pepe, un uomo “ con una caratteristica pinguedine ed un sorriso smagliante” sempre presente al bisogno , burbero , brontolone ma protettivo nei confronti del pellegrino , che lo ha supportato sia moralmente che nelle difficoltà incontrate durante il cammino . E poi Jasmine , la ragazza delle aquile ,che sembra spuntare dal nulla e che fa il viaggio per un preciso obiettivo , capire se sarebbe diventata nella società uno squalo senza cuore , e Il cileno Patricio che lo soccorre per una distorsione alla gamba e con cui familiarizza per essere stato nella sua città Puerto Mont , con lo scopo di aiutare economicamente , tramite il suo sindacato , coloro che si opponevano alla dittatura di Pinochet . E ancora Aylen , la ragazza di Patricio ,appartenente alla tribù degli indiani Mapuche ,il cui nome , nella sua lingua vuol dire “ limpida” , che ha un sorriso che illumina e riscalda e una luce negli occhi “ che quando si accendono sembra che ti buchino” e che , a ben guardare , osserva l’autore “ E’ una luce interiore , la cui luminosità proviene dalle fibre profonde “. Il cammino poi, acuisce la solidarietà verso l’altro e allora , al suono di una chitarra di un gruppo multinazionale di pellegrini ,la fatica ed il dolore si smorzano e si trasformano in godimento della bellezza della vita , dello stare insieme tra risate e gioia . E come non menzionare , ancora, l’incontro con Joseph , “l’uomo dagli occhi tristi” corroso da un rimorso, per aver tradito un amico d’infanzia Dan ,che viene dagli Stati Uniti e che fa ,anche lui, il cammino con un cavallo di razza Merens dei Pirenei francesi oppure l’incontro con Sara, la ragazza in carrozzina che ha perso l’uso delle gambe dopo un tragico incidente e che ha recuperato il suo buonumore grazie ai dodici amici che si avvicendano nello spingere la carrozzina e che , come lei , appartengono ad un’associazione sportiva di mezzofondisti ed atleti. E, dulcis in fundo, l’incontro con l’eccentrico e affascinante prete che canta canzoni erotiche e che fa il Cammino “per allegria” nella consapevolezza che gente diversa si ritrova unita , e ancora l’incontro con la giramondo Anne col suo “ bambino, un chihuahua a pelo lungo, rumoroso e festante” .E a Santiago , a coronare tutte le sue avventure , l’incontro precedentemente programmato con la moglie Simonetta e la sua amica Loretta che hanno fatto il percorso a piedi .Quello per Santiago è dunque un cammino dai mille incontri ,avvincente ed imprevedibile che talvolta ha anche delle punte di comicità e d’ironia come l’imbattersi in un asino, ammalato di solitudine, che sventra un ostacolo per andare incontro a Calypso ed al suo padrone e che più volte respinto riemerge tra i cespugli con testardaggine non volendo abbandonare gli amici appena trovati . Il viaggio è tout court un’altalena continua di sensazioni , di emozioni che si sovrappongono e si intersecano in un continuo andirivieni che affievoliscono man mano le tensioni iniziali e conducono il protagonista verso un graduale equilibrio interiore . E a fianco del narratore , a sostenerlo ,sempre l’amata Calypso che sembra percepire i suoi sogni e capire i suoi stati d’animo senza bisogno di parole , spronandolo a continuare col suo passo a tratti vivace , a tratti lento a seconda dei momenti segnati da nostalgia, o buonumore . E, nel cuore, anche la sua Siena che fa capolino tra le righe , che il narratore cita più volte con parallelismi adeguati quando profumi ed odori o scorci di paesaggi fanno affiorare sensazioni già vissute nella sua città . Il suo , però, è anche un “Nostos” , un ritorno ed approdo dell’autore , novello Ulisse , alla vita ,più consapevole dopo un lungo viaggio , un superamento di quella sottile demarcazione tra essere ed esistere che impedisce talvolta di vivere in sintonia con il tempo .Il testo, peraltro, è narrato con un plurilinguismo espressivo e con una ricchezza di tonalità linguistiche italiane, spagnole ,inglesi che rendono ogni pagina piacevole come una partitura musicale ed è ascrivibile alla commistione di una varietà di generi dall’autobiografico allo spirituale allo psicologico/ avventuroso con lunghi flash back memoriali e un’adeguata e sapiente scelta di figure retoriche che affascinano il lettore . La narrazione, che procede fluida e piana e , con leggerezza ,come raccomanda Italo Calvino , è avvolta da una grande armonia e da una polifonia di suoni assordanti che emergono sia dal silenzio del proprio io che da fenomeni atmosferici. Così , ad es. ,il ritmo dello scroscio della pioggia si mescola ai sussulti emozionali del suo cuore .E’ la voce dei suoi rimpianti , delle sue nostalgie , dei suoi ricordi ,delle inquietudini che l’esperienza del cammino verso Santiago “luogo dell’anima” , attutisce donandogli una pace infinita il cui epilogo è “ un pianto silenzioso sgorgato inconsapevolmente”. Di quell’esperienza ricca di suggestioni paesaggistiche e di incontri, che hanno connotato la sua rinascita , all’autore rimarrà sempre nel cuore il ricordo di una cavalla che, annusando con le narici l’aria, squarciava il vento e tendeva fiduciosa la testa ad un amico sincero , insostituibile ed unico , a cui perdonava tutto “ come un’amante indulgente” , una cavalla dal manto bianco che , “col suo solito nitrito basso” “batteva con lo zoccolo per terra” ,abbandonandosi a lui per avere scompigliato il ciuffo mentre, con il muso , gli batteva dei colpetti sulla spalla in segno di complicità . E a noi lettori piace immaginare che Calypso a cui auguriamo “ Buena suerte y buen camino” inceda ancora col suo passo cadenzato all’unisono col ritmo dei battiti del cuore del suo cavaliere per la profonda amicizia che li ha legati , e che sembra, a tratti, volare “come se non calpestasse il terreno , libera nel vento.” “Il cammino” – osserva l’autore- “abbraccia noi e ci protegge” e “non finisce mai ma resta dentro coloro che lo raccontano” e scelgono di condividerlo con gli altri , proprio come ha fatto Dino Marchese a cui rivolgiamo un grazie sentito per avere fatto sua la massima che i pellegrini spesso ripetono “disfruta tu dia” nella consapevolezza di aver recuperato per sé stesso una parte del tempo “ rubato” dal ritmo frenetico della vita che scorre” e per aver scelto di condividere il cammino con tutti noi lettori a cui resterà, indelebilmente impressa nel cuore, l’emozione provata nel leggere questo straordinario testo .
Mariza Rusignuolo