Su Giankarim De Caro
La scrittura di Giankarim De Caro è stata definita da Luciana Littizzetto “potente”. Quando ho letto “Malavita” ho trovato potente la capacità di descrivere ambienti ,mondi particolari in modo crudo e profondo. Leggendo “Agatina senza pensieri” ho capito meglio in che cosa consista la potenza della scrittura di Giankarim De Caro e ho pensato alla formula di Leonardo “per via di levare” che contraddistingue il modo di procedere della scultura contrapposto a quello della pittura “per via di porre” e ripreso da Freud per descrivere il metodo psicoanalitico rispetto ad altri metodi; mentre la pittura aggiunge qualcosa al fine di raffigurare, la scultura toglie qualcosa per arrivare alla creazione dell’ opera d’arte. Michelangelo disse che il blocco di marmo su cui lavorava conteneva già la statua che lui aveva in mente: si trattava solo di levare quel tanto di più che ne impediva la visione. La potenza della scrittura di Giankarim De Caro penso che derivi dal fatto che egli proceda “per via di levare”: i personaggi delle sue storie sono “spogliati” da sovrastrutture, convenzioni, cultura e persino morale e si muovono prevalentemente sulla spinta dei loro istinti. La natura prevale sulla cultura. Le relazioni interpersonali sono regolate spesso dalla forza dei maschi sulle femmine, degli adulti sui bambini, di quelli che hanno un potere su quelli che non ne hanno, dei ricchi sui poveri .Viene esercitata continuamente la prevaricazione.
De Caro coglie una parte dell’ essere umano che non appartiene solamente ai personaggi dei suoi romanzi, calati nel loro ambiente degradato, ma a tutti, perché ognuno, in qualche momento della propria vita, entra in contatto con essa, e magari ne ha paura perché confligge con il proprio IO , con la propria cultura.
Come Virgilio con Dante, Giankarim De Caro accompagna il lettore nei vari gironi dell’inferno: quello della prostituzione, quello dell’ ospedale psichiatrico come in “Malavita” o quello della miniera ,dell’ orfanatrofio, del convento in “ Agatina senza pensieri” .
Ne viene fuori una visione del mondo cruda e di una umanità disperata; però ad un certo punto avviene un incontro, un evento, che determinano una svolta e alla fine alcune storie hanno un altro corso e cosi’ si sottraggono ad un destino infelice . Tuttavia se, da un lato, in vari momenti i personaggi ci appaiono incivili, barbari, amorali e suscitano in noi indignazione, dall’altro, non possiamo fare a meno di solidarizzare con loro poiché ognuno porta una ferita, un trauma, tutti lottano per la sopravvivenza; da un lato sono carnefici, dall’altro sono vittime, influenzati da una sottocultura basata sulla forza e sulla sopraffazione. Il titolo “Agatina senza pensieri”, prima di leggere il romanzo, mi ha fatto pensare ad una donna spensierata, leggera in una accezione positiva; dopo aver conosciuto la storia di Agatina ho scoperto che in realtà Agatina ha dovuto rinunciare ai suoi pensieri perché non poteva tenerli, conservarli, troppo dolorosi, ha dovuto allontanarli per potere sopravvivere.
In questo senso l’assenza di pensieri è dovuta ad un meccanismo di difesa ,ad una rimozione. “Agatina senza pensieri” è un romanzo che inizia con un lutto, la morte del fratello Aspano, e per tale motivo Agatina ritorna nella propria città natale dopo molti anni. Questo inizio mi ha ha fatto pensare al film “Il grande freddo” che inizia con il funerale di un uomo: arrivano tutti gli amici della giovinezza e si ritrovano tutti insieme. La perdita di una persona cara spinge gli amici e i parenti a riunirsi ,su un piano più conscio, per condividere il dolore, inconsciamente per riempire il vuoto lasciato e confermare la propria sopravvivenza. Ad un livello più profondo è un momento in cui si ripercorre a ritroso la propria vita e la relazione con la persona deceduta sia negli aspetti positivi che negli aspetti negativi e si fa un bilancio, una revisione storica di sé, dell’altro, della relazione e, se prevale l’amore, il lutto può essere elaborato e superato; se prevale l’ odio, rimane un lutto non elaborato e si ha una depressione.
Freud ha descritto le varie fasi del lutto che, superate una dopo l’altra, portano alla elaborazione della perdita dell’oggetto d’amore. Agatina torna nella famiglia, dalla quale è fuggita per salvarsi, per salutare il fratello.
Nello stesso tempo questo ritorno le serve per riconciliarsi con Aspano e soprattutto per ripercorrere il proprio passato, la propria vita, la storia della famiglia, le relazioni, nonché per affrontare i traumi, le situazioni problematiche sospese, non risolte. Il trauma recente, la perdita del congiunto, determina una sorta di regressione che dà la possibilità di riportare alla luce traumi passati e di entrare in contatto con essi. Inoltre nella storia della famiglia di Agatina vi è un segreto che verrà svelato al lettore solo alla fine e che renderà ragione di varie problematiche del sistema familiare .È noto che un segreto all’interno di una famiglia e nella vita di una bambina costituisce un trauma e ne condiziona fortemente la crescita. Agatina porta anche questo peso. Già all’arrivo l’incontro con il nipotino che scappa per le scale le fa tornare in mente quando lei ,da piccola scendeva velocemente. La foto di famiglia su un mobile la riporta alla sua infanzia e rivede uno per uno i familiari. Vari particolari richiamano alla mente l’ infanzia. Adesso può riappropriarsi dei suoi pensieri, forte del suo amore e del rapporto con Damiano ma soprattutto della riconciliazione con il fratello, può rivivere le esperienze dolorose, attraversarle, dar loro un senso. Agatina con i suoi pensieri!!! Ricordare, rivivere, valutare, riflettere, riconsiderare in una nuova luce il passato, comprendere, e infine perdonare… E da domani potere dimenticare..e allora essere, veramente, spensierata e serena!
Finalmente potrà essere Agatina senza pensieri nel senso di non avere nuclei non risolti, di essere libera di potere pensare, ricordare, dimenticare e poter creare un’ armonia tra passato e presente. Possiamo considerare il viaggio di Agatina, il ritorno alla città natale, alle origini, all’infanzia una esperienza di rivisitazione, di riappropriazione di ciò che era stato rimosso, analoga ad una esperienza psicoanalitica. In questo caso si tratta di una esperienza di autoanalisi, non solo come metafora, ma in senso stretto come percorso di conoscenza. Il romanzo si conclude con l’incontro di Agatina con un nipote che vive all’estero: immediatamente si riconoscono, si capiscono, l’ uno si identifica con l’altra e viceversa: entrambi sono stati costretti ad andare via, lontano, per salvarsi ,per poter essere liberi, sé stessi e vivere la loro vita. Anche il dialogo con il nipote le consente di riappropriarsi dei propri pensieri e di mettere in movimento una situazione interna sospesa , in un gioco di rispecchiamento reciproco, si sente compresa e comprende…È persino contenta…
A questo punto, come dice Gina, ci vuole “un ciccetto” , un bel brindisi!
Maurizio Guarneri