Una donna geniale

È notizia di questi giorni che la salma di uno di più grandi scrittori palermitani, se non il più grande – Giuseppe Tomasi principe di Lampedusa -, autore del “Il gattopardo”, dal cimitero dei cappuccini, verrà tumulato nella chiesa di San Domenico. Sì, è proprio così, i resti mortali del principe saranno accolti in quello che è il Pantheon dei grandi palermitani ove si sta lavorando per allestire il sacello in cui verranno deposte le sue spoglie mortali. Speriamo che ciò avvenga in tempi brevi, considerata la soggettività del concetto di tempo come lo percepiamo in Sicilia: se è “dilatato” per i vivi, immaginiamoci per i morti. Speriamo che il corpo venga tumulato con una cerimonia degna del grande scrittore, anche se c’è da chiedersi se Giuseppe Tomasi, persona schiva e riservata, avrebbe gradito qualsiasi celebrazione che non fosse più che sobria. Ma tant’è! La lapide dei cappuccini che fino ai giorni nostri ha conservato il sonno eterno del grande scrittore, così recita:

Giuseppe Tomasi                                                                                                                                             Principe di Lampedusa                                                                                                                                  Morto a Roma il 26 luglio 1957

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Sandra Wolff Stommersse                                                                                                                              Principessa di Lampedusa                                                                                                                               Morta a Palermo il 27 giugno del 1989

Chi poco conosce la storia e i personaggi può certamente dedurre: “Sandra Stommersse sarà stata la moglie del principe, la consorte di quell’uomo geniale che ha svelato l’anima del popolo siciliano!” Ma Alessandra Von Wolff Stomersee, chiamata in famiglia Licy, è stata ben altro!              

Già la sua vita avrebbe meritato di essere narrata dall’inarrivabile penna del marito.                       

Nata a Nizza nel 1894, figlia del barone Boris von Wolff-Stomersee, maestro di corte dello zar Nicola e della cantante lirica emiliana Alice Barbi, fu duchessa di Palma e principessa di Lampedusa. Ma non è certo dei suoi titoli nobiliari che vogliamo parlare. Molti dei palermitani non sanno che dobbiamo tanto ad Alessandra, donna mitteleuropea per studi ed esperienze.      

Giuseppe Tomasi scrittore visse un periodo travagliato intorno alla metà degli anni cinquanta. Aveva composto diversi racconti oltre che saggi sulla letteratura inglese e francese, soprattutto scrisse tra il ‘55 e il ‘56 del 900 quel capolavoro che è “Il gattopardo”, romanzo che, dopo essere stato rifiutato da Mondadori ed Einaudi, grazie anche agli incoraggiamenti proprio di Alessandra, di Eugenio Montale e Maria Bellonci, fu inviato a Feltrinelli che ne intuì l’enorme valenza e lo pubblicò, purtroppo solo postumo. Ci piace credere che sia stata la forte personalità di Alessandra ad aver spinto il principe a perseverare nella ricerca di un editore e fu certamente lei a difendere l’immagine del marito dai marosi seguiti alla pubblicazione di quel testamento spirituale che è diventato romanzo. Paradossalmente, fu proprio l’immensa popolarità del libro ad oscurare, in parte, la genialità di una donna la cui vita, sfaccettata e controversa, non fu secondaria a quello del coniuge. Sposò Giuseppe Tomasi  figliastro del marito della madre, Pietro Tomasi della Torretta a Riga nell’agosto del 1932, in seconde nozze, dopo che il primo matrimonio con il barone omosessuale André Pilar von Pilchau fu dichiarato nullo.                                                                        
Fu una donna “sui generis”, una delle più geniali e innovatrici psicanaliste europee del 900.                        Donna di grande intelletto e cultura, evoluta, già precedentemente sposata, orgogliosamente emancipata in contrapposizione con la ristretta visione del modello femminile imperante all’epoca fu oggetto se non di scandalo, certamente di pettegolezzo e mai completamente accettata non solo dalla società palermitana ma anche dalla madre di Giuseppe Tomasi, quella donna Beatrice Tasca di Cutò che le fu sempre avversa.  Il difficile rapporto con la suocera portò spesso i due coniugi a vivere separati, distanza colmata da una fitta e complice corrispondenza chiamata “matrimonio epistolare”, che ancora oggi riesce ad aprire uno squarcio sulla vita e sul pensiero di questi due straordinari personaggi, rivelando molto del loro rapporto e della loro personalità. Deve essere stato ben strano il connubio tra questa baronessa baltica e il principe siciliano, testimone di un popolo profondamente legato alle proprie radici ma, almeno nelle sue componenti più lungimiranti e curiose, proiettato alla costante ricerca di sollecitazioni, istanze e sensibilità provenienti da altre culture. Ricercatrice d’avanguardia, Alessandra, anticipò nei suoi saggi concetti della psicoanalisi moderna; ma l’ortodossia corporativa, negli anni in cui visse, non l’apprezzò e ne sminuì l’apporto al consesso accademico.  Contro tutto e contro tutti, con il suo grande prestigio e uno charme personale indiscusso, portò nella Palermo dell’epoca la sua passione e conoscenza della psicoanalisi, non solo come studiosa ma anche come medico che applicando ai suoi pazienti le proprie intuizioni le permise di ottenere notevoli successi professionali.  Alessandra, legata fortemente alla scuola di Freud, ebbe stretti rapporti con i precursori della psicoanalisi Italiana, collaborando con Musatti, Perrotti e Servadio con i quali, nel periodo postbellico, oltre a organizzare il primo congresso nazionale di psicoanalisi, svilupparono la società psicoanalitica italiana di Roma, di cui Alessandra assunse la carica di presidente.                    

La stessa Alessandra successivamente fondò anche quella di Palermo, che è fino ai nostri giorni è il punto di riferimento della psicoanalisi in Sicilia. Quella che fu definita la” Gran dama della psicoanalisi” si spense a ottantasei anni, nel palazzo di famiglia di via Butera a Palermo, lì, accanto a quell’hotel Trinacria dove Giuseppe Tomasi ambientò la morte del Principe di Salina. Dopo trentacinque anni adesso i corpi di queste due immense personalità giaceranno separati. Ma se è d’obbligo riporre il corpo di Giuseppe Tomasi nel Pantheon di San Domenico, forse sarebbe giusto farvi riposare anche quello di Alessandra Wolff Stomersee. È vero, Licy si sposò con Giuseppe Tomasi con rito ortodosso, non era palermitana, ma lo è diventata grazie al contributo che ha dato alla crescita culturale di questa città, per essere stata un’antesignana, per il suo spirito innovativo di donna in un mondo di uomini, donando intelligenza e spirito a una Palermo che spesso, malgrado le testimonianze dei suoi grandi figli, dimostra di esserne priva. Se non sarà possibile far riposare fisicamente il corpo di Licy accanto a quello di Giuseppe Tomasi, certamente Alessandra Wolff Stomersee ha un posto di rilievo, eterno, nel pantheon ideale dei grandi palermitani.

Pasquale Morana

Fonti:

  • Enciclopedia delle donne.it
  • Psychoanalytic Electronic Publishing
  • Lettere a Licy Un matrimonio epistolare di Caterina Cadorna
  • Il manoscritto del principe –Salvo Andò

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