Maurizio Muraglia racconta il Conte Ugolino
Il canto trentatreesimo dell’Inferno è la trasfigurazione poetica di una tragica vicenda di cronaca che ha visto protagonisti due notabili della città di Pisa, il conte Ugolino della Gherardesca e l’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini. Sono rubricati entrambi come traditori della patria e come tali collocati nell’Antenòra, una delle zone che caratterizzano il Cocito, lago di ghiaccio che nel nono ed ultimo cerchio ospita i traditori. Dante e Virgilio alla fine del trentaduesimo canto si imbattono in questi due personaggi colti una postura bestiale, con Ugolino che divora il cranio di Ruggieri in una medesima buca nel ghiaccio.Nel canto successivo Ugolino racconterà a Dante gli ultimi momenti della sua vita. Egli era stato un politico rilevante a Pisa, ma il suo modo di fare politica aveva suscitato il risentimento dei suoi avversari, capitanati proprio dall’arcivescovo Ruggieri, che gli ordirono una congiura e lo fecero imprigionare nella celebre Torre della Muda con due figli e due nipoti. Ruggieri diede ordine di gettare la chiave della torre nell’Arno, sicché i cinque prigionieri furono lasciati morire d’inedia. L’odio che ha caratterizzato la vita politica dei due personaggi è eternamente cristallizzato nell’atto belluino con cui Ugolino mangia il cranio del suo avversario.
L’indignazione di Dante esplode al termine del racconto di Ugolino e rappresenta un monito severo nei confronti di ogni approccio fazioso e ideologico alla politica. La morte di Ugolino e dei suoi per Dante ha rappresentato una modalità bestiale e disumana di concepire lo scontro politico. Una risposta sproporzionata, che ha rivelato come le appartenenze formali al partito dei Guelfi o dei Ghibellini in realtà mascherassero istinti di potere e di vendetta che non sono estranei neppure oggi alla lotta politica, soprattutto quando degenera in quelli che anche oggi sono definibili come crimini di guerra.