Laura Mollica e la raffigurazione del Conte Ugolino nella Storia dell’Arte
Fra i personaggi della Commedia, uno dei più popolari è senz’altro il Conte Ugolino della Gherardesca, che ha sollecitato artisti di varie epoche nell’interpretazione visiva.
La storia della sua rappresentazione inizia dalla miniatura tre-quattrocentesca e procede tra la fine del Quattrocento e del Cinquecento con Sandro Botticelli, Luca Signorelli, Pierino da Vinci e Giovanni Stradano, principali artisti che dettano gli archetipi. Ma è con le contaminazioni pittorico-letterarie del Settecento e dell’Ottocento che Ugolino si insinua più che mai tra gli artisti, tanto da assumere vita propria.
Ogni artista, prima di scegliere su quale momento pregnante focalizzare l’attenzione, ha provato a rappresentare le diverse fasi dell’episodio in una costante verifica figurativa determinando la formula delle varie modalità di rappresentazione di Ugolino: vendicativo, iracondo e vorace nelle buche del Cocito coi denti ficcati nella nuca dell’arci-nemico Ruggieri, come ci mostrano il Giudizio Universale di San Giorgio in Campo di Chiesa, l’acquaforte di Giovanni Giacomo Macchiavelli, il bozzetto in terracotta di Jean-Baptiste Carpeaux;
Tetro e disperato, sepolto vivo nella Torre Gualandi insieme ai figli e nipoti, come rappresentato da Johann Heinrich Fǜssli in una meravigliosa incisione di Moses Haughton che ci restituisce la tela andata perduta; spossato e brancolante come una iena famelica sui resti della discendenza, come lo rappresenta Auguste Rodin. Non mancano il kitsch decorativo nelle porcellane e il caricaturale sui giornali di politica e in uno dei sonetti satirici del pittore macchiaiolo Telemaco Signorini. Anche il cinema dei primi del Novecento si sofferma sull’Inferno dantesco, offrendoci delle drammatizzazioni del trentatreesimo canto. Un esempio è il film muto “Inferno” del 1911, recentemente restaurato, diretto da Francesco Bertolini, Giuseppe De Liguoro e Adolfo Padovan.