Stella

Stella era pagata per questo: guardare con dolcezza intrigante i clienti e spillare loro abbondante denaro.

Un bicchiere, poi un altro e, tra luci soffuse, loro si abbandonavano all’idea di certe carezze, al desiderio di particolari sussurri.

Chi le avesse insegnato il mestiere di femmina era impossibile da sapere, il suo passato non era noto ad alcuno.

La natura c’entrava ben poco perché il talento, se pure lo hai, deve essere preso e istruito. E allora maestra, a volte, è anche la vita. Quella di Stella non la si poteva immaginare nemmeno, l’avresti creduta nata in quel club.

Parte essenziale come le luci e l’arredo, brillava nel suo abitino argentato, un tutt’uno con lo sgabello da dove si lasciava ammirare. La pelle liscia e desiderabile, un corpo tornito, ben fatto, una giovinezza che avresti voluto rubarle.

Sembrava non avere altra storia al di fuori da lì.

Ma Stella aveva ricordi di un mare azzurrissimo, docili onde e un futuro che aveva puntato col dito, “laggiù” s’era detta “sarà la mia vita”, poi il mare aveva cambiato colore e, possente, aveva spezzato la barca. Ricordi di urla e di braccia che non erano riuscite a trattenere la vita.

Lei, salva tra i morti.

Solo lei conosceva la sua vera età, e a sedici anni era diventata la star di Cielo Nero, il locale che apriva solo di notte.

Stella, di nero aveva la pelle.

Tra le luci bassissime scorgeva braccia acclamanti, distingueva in un attimo le mani con le carte da cento, il richiamo per le sue prestazioni; ma spesso la vista la tradiva e rivedeva altre braccia, quelle annegate sotto un cielo di stelle, faceva fatica a distinguere il vocio eccitato degli avventori da quello che per mesi le era rimasto dentro le orecchie, rimaneva intontita per alcuni secondi, poi… scivolava giù dallo sgabello per concedersi al migliore offerente.

Adelaide J. Pellitteri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *