L’artista che canta l’anima di Roma

 “Le donne sono come le stelle, per quanto tu possa chiudere gli occhi loro ti illumineranno sempre”! 

Ho conosciuto Tosca al Teatro Politeama di Palermo dopo un suo concerto. Me l’ha presentata il compositore Marco Betta memoria storica della musica. A Tosca pongo alcune domande per raccontare la sua storia.

– Quando è iniziata la tua avventura nel mondo della musica? 

Se ti riferisci alla nascita della mia passione, fu quando mio padre mi portò a vedere uno spettacolo di Gabriella Ferri. Vedere questo incredibile personaggio – mai abbastanza ricordato – in tutte le sue trasformazioni, con un’energia e una comunicativa impressionante, mi fece dire: da grande voglio fare questo lavoro. Parlando invece degli inizi (vera gavetta), cantavo nei locali storici, come il Classico o il Talent Scout, a Roma. Una sera tra il pubblico c’era Renzo Arbore… il resto è storia. -Come eri da bambina, quando hai scoperto le tue qualità?

 Ti dico solo questo: usavo la corda per saltare come microfono. Si capì da subito, che ero nata per fare ciò che faccio.

 -La tua maniera di cantare è straordinaria, abbraccia tutte le storie dei paesi del mondo, canti in diverse lingue e ti confronti con molte culture musicali. Certe volte nelle tue interpretazioni scorgo malinconia, sofferenza, ribellione, dolore. Dove nascono questi sentimenti? 

Beh, sono indubbiamente una persona molto istintiva… quello che cerco di restituire nelle mie interpretazioni è questa mia naturalezza, filtrata attraverso la lente della mia instancabile voglia di conoscere, di studiare, di comunicare. 

-In Italia e nel mondo sei tra le Artiste internazionali più amate e apprezzate dal grande pubblico, seguita dai bambini e dalle donne colte e non solo, da gente  che ha gusti raffinatissimi. La tua voce ha molte espressioni, quando canti cambi faccia, certe volte ho la sensazione che dentro di te ci siano insieme più personaggi. Come dire di Tosca ce n’è una sola! 

In effetti, porto sempre con me le persone che amo, gli incontri importanti, i passanti (De André docet) che hanno lasciato un segno, i volti e le voci che per qualche motivo – spesso insondabile – restano appesi a quella misteriosa tela che è la nostra anima. Quindi sì, possiamo dire che la mia voce – a volte anche inconsciamente – riassume tutte queste essenze.

-Cosa rappresenta il Festival di Sanremo che hai vinto nel 1996 insieme a Ron con la canzone “Vorrei incontrarti fra cent’anni” e quante volte hai partecipato a questa grande festa degli italiani, che tutti criticano, ma di cui nessuno può fare a meno? 

Cinque volte, più una volta come ospite in un duetto. Ovviamente la vittoria del 1996 rappresenta una svolta fondamentale della mia carriera, anzi due: la prima è la popolarità improvvisa e l’ascesa ai vertici della musica pop italiana; la seconda è la scoperta che io, in quel mondo, non mi trovavo a mio agio. Poco dopo, infatti, ho compiuto scelte “anomale” per chi popolava – e ancora popola – quell’ambito, entrando prima nel mondo del musical, per poi passare alla ricerca, al teatro canzone, alla sperimentazione e alla contaminazione con altre culture. Scelte che in certi momenti – soprattutto all’inizio – ho anche pagato a caro prezzo, ma rispetto alle quali non tornerei mai indietro, e che hanno fatto di me l’artista che sono. 

-C’è una canzone alla quale ti senti più legata?

 No, sono legata a tante canzoni che hanno scandito la mia vita privata e artistica… sono tanti vestiti belli che ho indossato e alcuni poi me li porto dietro come tante piccole perle… 

-Musica, Teatro e TV… Cosa preferisci?

 Beh, per me musica e teatro sono in stretta connessione, e non solo ora con gli spettacoli che propongo, ma anche perché io iniziai contemporaneamente come cantante e come attrice. Quindi musica primo amore, ma il teatro viene subito dopo, con un distacco veramente minimo. La TV è un bellissimo mezzo di comunicazione che mi ha dato tanto e che frequento con parsimonia, cercando di vivere solo quelle poche isole di buona TV rimaste.

-Hai una faccia che può arricchire il Cinema d’Autore. Hai interpretato qualche ruolo oltre a cantare nel film “Carcere’ e mare” colonna sonora del film Scugnizzi di Nanni Loy? 

Sì, ho fatto una parte in “Baciami piccina” di Roberto Cimpanelli, e un piccolo cameo in “C’era una volta il crimine” del mio amico Massimiliano Bruno. Oltre ad aver vinto il premio “Protagonista dell’anno” ai Nastri d’argento 2020 con il mio documentario “Il suono della voce”.

-Con Massimo Venturiello hai realizzato spettacoli memorabili: Romana, Omaggio a Gabriella Ferri, Sto Core mio, La Strada di Fellini, Il borghese gentiluomo di Moliere, Il grande dittatore di Chaplin per citarne alcuni. …Com’è Massimo a casa, fuori dal teatro e dal cinema, dove certe volte veste i panni del “cattivo”… 

La prima cosa da dire è che tutto è meno che cattivo. Abbiamo una confidenza e complicità ormai talmente consolidate che spesso non c’è bisogno di parlare, e tutto questo fortunatamente si riversa anche nel lavoro insieme. Ovviamente, non mancano i diverbi, ma non credo esista al mondo una coppia sana che non discuta mai! 

-Con Il suono della voce e Morabeza hai rappresentato l’Italia nel mondo ed hai incontrato i più importanti musicisti e interpreti del mondo. C’è un ricordo in particolare che non hai mai svelato a nessuno?

 Si, quando ero in Tunisia e Algeria sono arrivata con il cuore in gola per la paura di attentati.  Invece quando sono arrivata lì mi sono resa conto,  di come tutto fosse in allerta ma che in realtà era più la paura che ci mettevano da lontano che altro. E questo ci deve far riflettere di come i media possano essere a volte usati per fermare… controllare … e manipolare …

-Ti confesso che la mia canzone preferita è Vorrei incontrarti tra cent’anni. Qual è il potere di una canzone?

 Una canzone può tutto. Può far riflettere, scoprire cose nuove, cambiare l’umore, fare innamorare e in alcuni casi anche cambiare il corso della storia. Basti pensare a tutti i canti di resistenza in tutte le parti del mondo. 

– Quali sono i tuoi progetti per il futuro? 

Il futuro è già adesso; nel 2024 ho il privilegio di essere Artista residente all’Auditorium Parco della Musica di Roma. Ho iniziato l’anno con “Unico”, concerto che racchiude i miei tre spettacoli più rappresentativi e che ha registrato il sold out alla sala Santa Cecilia. Poi c’è “D’altro canto”, ovvero tre appuntamenti, ognuno con un tema differente, in cui io e altri ospiti (diversi ogni sera) affrontiamo l’argomento proposto con leggerezza oserei dire “calviniana”, tra chiacchiere e musica. Abbiamo già dedicato una serata a Napoli, le prossime saranno dedicate al Cinema e – il 31 ottobre – alle Streghe di ogni tempo e ogni tipo. Poi ho in cantiere un progetto con Rita Marcotulli, ma senza pressione e senza scadenze. È la fortuna di non dover sottostare alle regole e alle urgenze del mondo musicale mainstream.

Giuseppe Maurizio Piscopo

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *