A che cosa serve l’orizzonte?

Ciascuno di noi abita limiti fisici, dimore che definiscono gli spazi entro i quali si muovono i nostri corpi e si intrecciano i nostri pensieri. Sono i nostri confini personali, che delimitano i microcosmi nei quali edifichiamo giorno per giorno le nostre dimore, marchiando gli spazi con la memoria di ciò che appartiene alla sfera più intima: oggetti che per altri sono spesso insignificanti, ma senza i quali non conserveremmo ricordo di un tempo che non soltanto ci appartiene ma che definisce la nostra unicità, il nostro essere individui irripetibili.
La maggior parte di noi vive la propria esistenza all’interno di questi spazi, tanto più personali quanto più confinati e intimi.
Alcuni, forse più liberi e fortunati, non possiedono invece altra frontiera che il mondo e, non sempre in modo consapevole, volgono lo sguardo verso limiti più lontani di quelli circoscritti dall’artificio di una parete, dalla prigione che delimita le nostre vite, i nostri pensieri, i nostri desideri.
La fine del nomadismo e la vita stanziale hanno contribuito a dare più stabilità e sicurezza all’esistenza umana, ma allo stesso tempo hanno privato gran parte degli uomini di visioni più ampie, di cieli più aperti, di orizzonti più vasti: in una parola, del desiderio della novità, della scoperta, dell’ignoto: di tutto ciò che si trova al confine, all’orizzonte.
Quanti di noi ricordano il misto di sensazioni – stupore, attrazione, inquietudine – che ci ha avvinti quando per la prima volta abbiamo scrutato con l’occhio meravigliato di bambini l’imprendibile linea dell’orizzonte al confine della distesa seducente del mare?
Per chi ha la fortuna di vivere sulla costa o a breve distanza da essa, la consuetudine con la vastità delle acque colloca quell’istante in un’età inconsapevole, e l’inquieta suggestione di fronte alla prospettiva di un imprendibile limite si stempera con il tempo in una acquisita abitudine, talora in una sorta di noncurante indifferenza, non dissimile da quella di chi per sorte immeritata ha ereditato senza fatica grandi patrimoni che finirà per dilapidare senza cura; o da chi, con altrettanta colpevole indegnità sciupa con negligenza l’amore che gli viene offerto e che non sa riconoscere né distinguere dalla soddisfazione dei sensi.
Ci sono diversi modi di volgere lo sguardo all’orizzonte e ciascuno non è che la proiezione della nostra visione della vita, della frontiera più o meno remota alla quale sono rivolti i nostri obiettivi, i nostri desideri. Così, gran parte degli uomini interpreta quella linea come una estremità, un limite, un confine. Ciò che in noi rimane di Ulisse vi legge al contrario i segni di una sfida, l’imprescindibile necessità di attraversare le colonne d’Ercole, di cercare l’origine dell’arcobaleno, il punto di inizio del mondo, la dimora degli dei.
Ma forse l’orizzonte, questa irraggiungibile estremità alla quale si rivolge la curiosità insaziabile degli uomini è soltanto la proiezione della frontiera che senza tregua ci tormenta, aldilà della siepe su cui si posa il nostro sguardo limitato e inquieto.

Santi Spartà

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