Un millimetro di meraviglia
Un Millimetro di Meraviglia ci porta nel cuore della vita di Nina, una giovane prestigiatrice che vive nella vibrante città di Genova, in un appartamento lasciatole dalla madre. Nina anima feste per bambini, ma il suo lavoro non la soddisfa del tutto. La sua vita sentimentale è un disastro: Rossano, il fidanzato la lascia senza preavviso, incapace di costruire una storia seria, e lei ha una naturale predisposizione a complicarsi l’esistenza. Fortunatamente, può contare su una cara amica e su tre anziani signori che visita regolarmente in una casa di riposo. La sua famiglia è altrettanto caotica, difficile da comprendere e ancor più da gestire.
Accanto alla voce di Nina emergono quelle di altri due personaggi: un uomo anziano che, attraverso un diario, cerca di ottenere il perdono della figlia, ed un misterioso assassino che ha tolto la vita a una donna incontrata in un bar. Tre personaggi, tre storie intrecciate, ciascuna narrata con uno stile unico e riconoscibile grazie ai caratteri tipografici distinti.
Come nasce la tua passione per la scrittura?
Scrivo da sempre, a cominciare dalle mie vecchie Smemoranda in cui scrivevo dei miei amori difficili. Poi in realtà questa passione l’avevo un po’ relegata nel cassetto fino a quando il periodo del Covid non l’ha riportata fuori. La prima settimana di chiusura in casa l’ho trascorsa ad impastare, poi mi sono detto di provare a scrivere un diario. È stato il mio primo libro “Diario di un isolato” che poi ho autopubblicato su Amazon. I proventi ho deciso di destinarli in beneficenza all’ospedale S. Martino di Genova che Durante il Covid si caricato di un super lavorato.
Genova è presente con i suoi vicoli, i carruggi, il cibo, la musica, i genovesi ed il Melting Pot. Qual è il tuo rapporto con questa città? Con i genovesi?
Genova è un bellissimo personaggio letterario, è una città che offre tanto a partire dalla varietà dei suoi paesaggi. In poco tempo si possono raggiungere: mare, montagna, collina e godere della loro bellezza. In mezzo c’è una città che si articola in lunghezza, su due strade, ma se rimani bloccato passi la vita in coda. Genova ha una vita complicata ed i genovesi sono personaggi da raccontare eccezionali, sono famosi per la loro gentilezza ed il loro buon cuore, fatemi tenere la bugia. A parte i luoghi comuni, in realtà siamo un pò difficili ma una volta che entri nel nostro circolo privato scopri un caloroso mondo di affetti.
Meraviglia è sorpresa, è incanto, guardare il conosciuto con occhi nuovi, scorgere lo straordinario nell’ordinario. Ed il tuo titolo circoscrive la meraviglia ad un millimetro, Perché? Per chi e per che cosa oggi dobbiamo meravigliarci?
Per una lunga parte della mia vita ho fatto il volontario in ospedale ed intrattenevo i piccoli pazienti con le magie. Le magie semplici che potevo fare io si basavano tutte su una carta un po’ più corta, una fessura, uno sportellino. Mi piaceva l’espressione che in quel millimetro si nascondeva, la meraviglia degli sguardi dei bambini che assistevano alla magia. La cosa più bella è che i bambini ti chiedono di ripetere sempre la stessa magia, anche se l’hai eseguita centinaia di volte, a differenza dell’adulto che vuole vedere il mazzo di carta, vuole capire controllare. Ai bambini invece piace l’incanto ed è questo che non dovremmo perdere nella nostra adultità.
Il tuo è un romanzo “parlato”, un romanzo a più voci, il dialogo diventa uno snodo centrale nel tuo racconto, addirittura i dialoghi sono numerati ed hanno caratteri tipografici diversi per distinguere i personaggi.
Pensi che il dialogo nella sua veste educativa sia scomparso?
La forma dialogica a me piace molto, perché riesci a dire tante cose senza risultare prolisso, prosaico, specie se si mantiene un certo ritmo. Oggi però si parla meno, il dialogo sta scomparendo. In un mondo che dà tutti gli strumenti per essere maggiormente collegati, per parlare di più, alla fine lo facciamo meno. Due persone, ad esempio messaggiano tutta la sera poi si vedono per bere un caffè ed invece di dialogare finiscono per guardare lo schermo di un cellulare e messaggiare con altri.
Nel tuo romanzo affronti diversi problemi sociali ed esistenziali, la paura di essere felici è uno di questi. Ce ne vuoi parlare?
Mi piace raccontare i personaggi tormentati. Perché credo che tormentati lo siamo un po’ tutti. Ciascuno di noi cerca un posto nel mondo, poi qualcuno una volta che lo trova vuole scappare, forse è più piacevole cercare che trovare. Nell’indole umana non c’è la felicità costante che poi diventa normalità e secondo me potrebbe risultare anche opprimente. Anche una persona che vive bene, non ha troppi pensieri, fa un lavoro che gli piace non la pensi con una felicità assidua perché in realtà non esiste.
L’ironia è molto presente nel tuo racconto. Che ruolo svolge nella tua vita?
L’ironia è fondamentale perché ti dà quel cappello buffo che ti permette di non prenderti molto sul serio. È necessaria una giusta dose di ironia, come è necessario dare importanza a ciò che si fa. Io in questo percorso ho imparato che se non sono io a crederci non lo fa nessuno per me. Non basta che lo faccia io, ma se non sono io a farlo per prima, non lo farà nessuno per me.
Quanto è stato difficile entrare nel punto di vista della protagonista Nina, una donna che cerca il suo posto nel mondo? Quanto è stato difficile immaginare Nina?
È stato difficile, perché intanto un uomo che parla di una donna è vulnerabile, perché comunque parli di qualcosa che non ti appartiene. La mia Nina è una Nina come io l’ho immaginata, credibile. È un personaggio casinista, imperfetto ed è bellissimo per me raccontarla, perché un personaggio imperfetto ti permette di entrare in empatia, di identificarti in alcune sue fragilità.
C’è un altro problema da non sottovalutare, cioè che il lettore contemporaneo è solo donna, su dieci persone che leggono otto sono donne. L’uomo che legge si appassiona a due generi storico e saggistico, poi sotto l’ombrellone scopre il noir ed il thriller.
Chi sono gli scrittori che per te hanno costituito e costituiscono un modello di riferimento?
Pennac, perché ha un modo stupendo di raccontare le cose. Una scelta di parole che ti conquista, che ti spinge ad andare avanti come il Ciclo di Malaussène. Ho amato alla follia Perrin, l’anno scorso ho scoperto il romanzo “Cambiare l’acqua ai fiori” e mi è piaciuto moltissimo ed anche “Tre”. Però in generale sono un lettore moderato di quelli che non leggono dieci libri al mese, anche perché faccio tre lavori per mantenere quello della scrittura.
Mi piacciono anche tanti scrittori italiani: Marco Presta, Targhetta che ha fatto il mio stesso percorso social, ed ultimamente vorrei provare a leggere Bussola.
C’è una casa di riposo, ci sono le voci dei vecchietti, e c’è un mondo parallelo fuori che ignora, che non vuole sentire le loro voci. Tu le hai riportate facendo emergere le loro fragilità. Chi c’è dietro questi vecchietti, c’è la presenza dei tuoi nonni?
Io ho avuto dalla vita un dono, quattro nonni fino a 39 anni. Questo mi ha condizionato positivamente perché li ho scoperti e riscoperti fino ad età avanzata. Ora le due nonne non ci sono più, sono rimasti i nonni. Le loro storie sembrano provenire da un altro mondo ed ascoltarle è affascinante. Faccio un esempio, per sapere l’ora esatta i nonni telefonavano al numero 12. Questo ricordo ti dà l’esatta immagine di quanto il mondo sia cambiato e come queste persone si adattano a questa realtà t’insegna che c’è anche un altro modo per affrontare la vita. Le tre persone presenti nel libro, sono tre persone diverse: Riccardo, Teresa e Roberto. La problematica che volevo raccontare è l’abbandono di queste persone dietro un mondo di ipocrisia.
Un Millimetro di Meraviglia è una sinfonia di voci: dai monologhi, ai dialoghi multipli, ai messaggi di WhatsApp, alla coscienza di Nina che sussurra nel silenzio. Ogni personaggio ha qualcosa da dire, e nessuno rimane in silenzio. Questo continuo flusso di parole è il mezzo attraverso cui si esplorano le fragilità, gli imprevisti, le contraddizioni e le paure della vita reale, ma anche le piccole, preziose meraviglie che la rendono unica.
È un incontro tra le sfumature dell’esistenza, dove bambini pieni di energia scuotono gli adulti, i giovani cercano il loro posto nel mondo, e gli anziani sognano ancora una vita piena di affetti e attenzioni, nonostante le ipocrisie di chi finge di averne cura. Un romanzo che c’invita ad accettare e riconoscere le fragilità dell’umano ricordandoci di riservare uno spazio, anche nei momenti più difficili, alla meraviglia.
Marisa Di Simone