Cedere o non cedere alle lusinghe dell’autopubblicazione?

In Italia, è risaputo, poco si legge ma molto si scrive e, soprattutto, tanto si pubblica. Basti dire che, secondo un articolo uscito su Il Sole 24 ore nel dicembre del 2023, nell’anno 2022 “sono state pubblicate ben 86.174 opere librarie a stampa, cioè di carta, con una tiratura complessiva di poco più di 198 milioni di copie stampate. Se buttiamo nel calderone anche i testi pubblicati solo come e-book e le opere autopubblicate siamo a 102.987 titoli pubblicati, che vuol dire 282 titoli pubblicati ogni giorno, cioè 12 libri l’ora.” 

L’editoria sta cambiando e il fenomeno è sotto gli occhi di tutti; oggi esiste il canale agevolato dell’autopubblicazione: croce e delizia, per ogni aspirante scrittore. E il fenomeno è in continua crescita.

Risalire alle motivazioni che stanno portando a questo cambiamento non è difficile. Chi ha provato a farsi leggere da una CE sa bene quali sono i tempi per una risposta che, nella maggior parte dei casi, non arriverà mai.

Muoversi nel ginepraio delle CE, che hanno linee editoriali ben precise e un numero limitato di pubblicazioni annuali, riduce al massimo le possibilità di un’accoglienza a braccia aperte; soprattutto se parliamo di un autore esordiente. L’investimento comporterebbe un alto rischio, e ogni CE, essendo prima di tutto un’azienda, conta principalmente sul proprio utile.

Per scegliere la Casa Editrice che potrebbe fare al caso nostro, un autore dovrebbe spulciare tutte le collane delle singole CE, rintracciare quella dove collocare la propria opera, infine acquistare e leggere almeno due o tre libri per essere certi di avere individuato l’Editore giusto. Fatto ciò, deve inoltrare il plico attenendosi alle linee guida (a rischio di essere cestinati per una qualsiasi “sbavatura” giacché, è chiaro, le CE non hanno tempo da perdere con gli sfaccendati). Tutto questo andrebbe fatto prendendo in considerazione almeno dieci Case Editrici. 

Superato questo scoglio, se si è stati baciati dalla fortuna e arriva la proposta di pubblicazione, bisogna fare i conti con la promozione della quale dovrà occuparsi l’autore stesso (questo vale anche per le grandi CE) e, ultima nota dolente, con le royalties che vanno da un minimo del 5% a un massimo del 10% sul prezzo di copertina (il 15% solo per gli autori di fama). 

Per ogni giovane (o ingenuo) autore le royalties rimarranno un miraggio. 

Non si riesce quasi mai ad avere i tabulati con il resoconto ufficiale, oppure viene messo il veto che i diritti verranno pagati superate le 100 o più copie vendute.

Insomma, tutta una serie di ostacoli e tempistiche che di sicuro guastano il rapporto di fiducia tra Casa Editrice e autore. 

Da persona che conosce le dinamiche delle quali scrive, devo aggiungere che non tutte le Case Editrici sono uguali, ma la stragrande maggioranza sì. 

Se poi esiste una speranza per un autore emergente questa è offerta dalle piccole Case Editrici indipendenti, più propense a scovare e sostenere i nuovi talenti. 

Resta comunque il problema di individuare quella giusta.

Ecco, allora, che Ulisse (ovvero l’autore) non può che cedere al canto delle sirene: l’autopubblicazione. 

Con queste premesse, come non lanciarsi in un’avventura che alla fine mette a rischio solo l’autore disposto a rischiare? 

Certo ogni autore di buon senso sa che non può pubblicare senza un minimo di costi. 

Se si pretende l’onestà da parte delle CE, bisogna essere onesti anche verso il lettore che acquisterà il nostro libro. Giusto? Ciò comporta la revisione da parte di un editor professionista, un correttore di bozze e un grafico per la realizzazione della copertina, con costi non certo indifferenti. 

Il rischio vale la candela? E perché no? Dicono ormai in tanti.

Emergere non sarà facile, è ovvio, ma se l’opera è buona, l’autore spera sempre, si farà strada da sé. 

La piattaforma dove è più facile pubblicare, che per di più dà un’esposizione globale (così che se hai un amico nel cuore dell’Amazzonia, il tuo libro potrà acquistarlo senza problemi), ti fa conoscere in tempi reali l’andamento delle vendite e a 60 giorni paga le royalties. 

A queste condizioni, chi non proverebbe a sfruttare, almeno una volta nella vita, una simile opportunità?

Eppure, il mestiere dello scrittore non è un gioco che si affronta sotto l’impulso del “o la va o la spacca; piuttosto, è un processo di maturazione che dura anni, anche decenni, che si costruisce giorno dopo giorno e rigo dopo rigo.

Adelaide J. Pellitteri

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *