Dialogo tra due artisti: un pittore e uno scultore

Come Hermann Hesse fa il viaggio in India con l’amico pittore Hans Sturzenegger, Sergio Pausig ed Antonio Tabucchi, pur non facendo l’esperienza insieme, condividono il rapporto con l’India, traggono entrambi ispirazione da questo paese ed entrano in relazione tra loro con due linguaggi diversi: il pittore crea dei quadri, in particolare dodici tavole eseguite con pigmenti e resine naturali su carta indiana realizzando così un legame molto forte, materico, tra sé, la sua opera artistica e la terra che lo ha accolto e nello stesso tempo ha, in questo modo, la possibilità di portare in Italia una parte dell’India, Tabucchi ,che già aveva scritto “Notturno indiano”, la descrizione di un viaggio in India piuttosto incongruo, questa volta fa il viaggio attraverso le dodici tavole di Pausig che contengono vari simboli e a partire da alcuni di questi, l’elefante, il battello, l’occhio ed altri costruisce un affascinante racconto dal titolo ”Viaggio attraverso il viaggio“ . Tabucchi già nel titolo ci comunica una visione del viaggio come esperienza che si svolge su piani diversi, con significati diversi: il viaggio, in senso stretto, dell’ europeo che va a visitare l’India, il viaggio come ricerca interiore, esperienza di conoscenza di sé e ricerca del senso della vita, il viaggio come esperienza spirituale; ed ancora, nel caso di un artista, il viaggio come possibilità di ricevere stimoli dai luoghi visitati, dagli incontri che si fanno lungo il cammino, dalle varie esperienze che lasciano segni che si trasformano in simboli che vengono elaborati, trasformati e trasferiti nell’opera d’ arte. Le dodici tavole di Sergio Pausig le possiamo considerare come punti, tappe, del viaggio dell’artista che a loro volta stimolano il testo che ha scritto Tabucchi in relazione ad essi. ”Viaggio attraverso il viaggio”, come un sistema di scatole cinesi, un insieme multidimensionale, ma non in modo statico, ma in modo
che una dimensione interagisca con le altre. Freud per descrivere la psicoanalisi usava la metafora del viaggio in treno.

Diceva al paziente: “Dunque mi dica tutto quello che le viene in mente. Si comporti, tanto per dire, come un viaggiatore seduto al finestrino in treno che descrive a qualcuno, dentro lo scompartimento, il mutevole paesaggio che vede all’ esterno.” Jung chiamò il processo di trasformazione psichica legato all’analisi “Il viaggio dell’eroe“ che si articola in una successione di tappe. Pirandello vedeva il viaggio in treno come un luogo di introspezione e autoscoperta, dove i protagonisti si incontrano e si scontrano in un processo che porta all’autocoscienza. Nel testo di Tabucchi, il protagonista, il viaggiatore, dichiara immediatamente la sua ambivalenza nei confronti dell’India: da un lato voleva starne lontano (per non mettersi i discussione? Per paura della conoscenza e dell’esperienza?), dall’altro cede ancora (attratto dal viaggio, dal mettersi in gioco?). Sarà premiato perché rivede “l’elefante blu con segni religiosi sulla fronte” più volte. Dice il “mago“ ad Emanuele nel romanzo “La casa del mago “ di Emanuele Trevi : ”Solo ciò che accade due volte possiede un significato magico e arcano…un evento che si verifica solo una volta è un caso; più di due volte è un’abitudine, un fatto comprovato, dipende da leggi stabilite… la ripetizione è uno spiraglio, un indizio, la vibrazione momentanea e inafferrabile di un assoluto che sfugge a ogni logica.”
Il viaggio prosegue con un battello sul quale cresce uno strano albero, l’albero della vita, e non c’è nessun altro, oltre al nostro viaggiatore, solo con sé stesso con i suoi pensieri e la sue emozioni, può riflettere e meditare. Egli si sente osservato, “sorvegliato”, come se un occhio misterioso lo scrutasse: è il cosiddetto “terzo occhio” ? Un organo capace di percepire realtà invisibili situate oltre la visione ordinaria, la soglia in grado di condurre all’ interno di mondi interiori e spazi di conoscenza superiore. Può rappresentare, il “terzo occhio”, uno stato di illuminazione oppure l’evocazione di immagini mentali che hanno un profondo significato personale spirituale o psicologico. C’è nel testo di Tabucchi un riferimento al Jainismo ovvero alla dottrina che mira alla liberazione dal ciclo delle esistenze e all’eliminazione del karma. Il viaggio può essere inteso anche come percorso spirituale, salvifico e liberatorio. Nel racconto di Tabucchi viene descritto il percorso del viaggiatore come un’esperienza tra l’onirico e l’assurdo tra il paradossale e il surreale e prosegue in un’isola che si rivela un deserto sconfinato, metafora dell’infinito, del trascendente e il protagonista alla fine riincontra l’elefante blu. L’elefante è simbolo di saggezza e accettazione, pazienza, un portafortuna, è un animale imponente che, con la sua stazza, può schiacciare il male e il peccato: pertanto è il simbolo della mente pura. E’ anche il simbolo della memoria, per non dimenticare mai il proprio passato. L’elefante darà un suggerimento al viaggiatore: quello di non rifugiarsi nel sogno. “Tu cerchi rifugio nel sogno…credi che troverai nel sogno quel che hai perduto, ma sei nell’errore, lo troverai solo vegliando “ “ Sarebbe stato possibile dormire? Non era possibile, ma la veglia mi avrebbe portato una sorpresa.” “Spensi la luce e mi abbandonai alla veglia con gli occhi spalancati sul buio .” Eyes wide shut come dice il titolo del film tratto da Doppio Sogno di Arthur Schnitzler: “abbandonarsi alla veglia” uscire dal sogno, dalla fantasia per stare nella realtà dove trovare ciò che serve nella vita. “L’oriente non era soltanto un paese o una dimensione geografica, ma era la casa e la gioventù dell’anima, era dovunque ed in ogni luogo, era l’unione di ogni tempo…..nel viaggiare in India….ho cercato da solo tutti i ponti magici.” (Hermann Hesse, Viaggio in India )

Maurizio Guarneri

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